Luigi Tosi e la bicicletta: da Casale alla conquista del mondo
Pubblicato su“Tutto, in un viaggio lento, si riempie di simboli: la salita è penitenza, il bivio è scelta, il rettifilo introspezione” (Paolo Rumiz)
Quando nella bassa si parla di ciclismo e di chi ha fatto la storia di questo sport nel lodigiano, il nome su cui tutti sono d’accordo è quello di Luigi Tosi. Classe 1931, da Casalpusterlengo è partito infinite volte in groppa alla sua due ruote per andare ad esplorare il mondo, e ancora oggi lo si vede spesso sfrecciare per le strade: inesausto.
Fondatore insieme ad alcuni amici del Pedale Casalese nel 1961, come Direttore Sportivo ha accompagnato e guidato la carriera di molti atleti che hanno portato alta la nostra bandiera anche a livello agonistico (strada, pista, ciclocross): Garbelli, Sfolcini, Torresani, Ratti e molti altri.
Angelo e Fausto, i suoi due figli maschi, si sono trovati a 6 anni con una bicicletta in mano e dei pedali sotto i piedi di cui hanno saputo far buon uso: dopo aver militato per diverso tempo nel professionismo, sono stati ripetutamente convocati come titolari nella squadra Azzurra ai Campionati Mondiali.
Ma a lasciare a bocca aperta sono le imprese cicloturistiche del Tosi padre, un uomo dalla tempra rara: leggere il suo curriculum è un’esperienza emozionante.
Si cimenta prima in tragitti minori intorno ai 300 Km, ma nel 1991 inizia con le lunghe distanze: con tre viti nella testa del femore per una brutta caduta dell’anno precedente, compie il Raid delle 4 Nazioni, Km 5.864 attraverso Italia, Francia, Spagna e Portogallo. In solitaria. Arriva a Fatima con due giorni di anticipo sulla tabella di marcia e, constatato l’ottimo stato di forma, decide di ripercorrere il viaggio di ritorno sempre a bordo della sua bicicletta.
“La bici non è come l’auto, che la parcheggi e la dimentichi. Lei è lì che ti aspetta, per tutta la notte.” (Paolo Rumiz)
Dopo aver fondato nel 1994, col ruolo di Presidente, il Velo Club Casalese, nel 1996 parte per il Raid Europa-Asia: Km 6.142, sempre in solitaria, affrontando le ovvie difficoltà di attraversamento delle frontiere dopo la guerra che aveva martoriato i Balcani.
Il 1997 è l’anno del Coast to Coast negli Stati Uniti, 5.528 Km, questa volta in compagnia di Giuseppe Dragoni (classe 1945) e Giancarlo Mancini (classe 1942). Partenza da San Francisco e 13 Stati attraversati: California – Nevada – Utah – Colorado – Nebrasca – Iowa – Illinois – Indiana – Ohio – West Virginia – Pensylvania – New Gersey – New York. Questi tre uomini hanno percorso le vecchie rotte dei cercatori d’oro, attraversando il deserto del Nevada e le Montagne Rocciose, le grandi pianure centrali e la catena degli Appalachi, mentre a Casalpusterlengo i loro supporter seguivano passo passo le loro avventure.
È poi venuto il momento del Raid in Canada, quello dell’Europa Orientale, in Grecia, lungo il Danubio e sulla via Francigena, in Turchia e Israele e chissà quanti altri.
Esistono anche dei libretti, come quello dedicato al Raid Lourdes – Camino del Nord – Santiago de Compostela (Km. 1.564) portato a termine nel giugno 2013, in cui Tosi racconta (a 82 anni!) tappa dopo tappa l’avventura compiuta con Giuseppe Dragoni: leggerlo è come essere con loro sulla foce del fiume Ason, dove sostano gli uccelli migratori, o immersi nei boschi di pini e di eucalipti nei pressi del fiume Baxio, mangiando un boccadillo e bevendo una birra fresca. Grazie a questi racconti veniamo a conoscenza delle acciughe di Santona, delle case decorate con collane di peperoncino e dei poteri miracolosi della Perda D’Alabar.
Gli uomini come Luigi Tosi probabilmente preferiscono pedalare che fermarsi a raccontare, ma le storie che si possono rubare un po’ dalla loro memoria sono un patrimonio incredibile per chi non proverà mai esperienze di questo genere. Una simbiosi profonda quella dell’uomo con la sua bicicletta, un’osmosi intima e potente in grado di valorizzare il tempo di una vita intera.
Le persone incontrate lungo la strada, l’aiuto degli sconosciuti, i volti stranieri e il viaggio lento che il mondo di oggi non è più capace di apprezzare, la sfida col corpo e la fatica, i paesaggi che avvolgono e il clima che non perdona: uomo e natura, gambe e conquista.
Un mondo da valorizzare.
“E’ l’immersione nel paesaggio che ci manca. La bici non ha finestrini, la visione è a trecentosessanta gradi: è una scuola di contesto, una rivincita sul bombardamento di primi piani di questa tv imbecille. Per noi il paesaggio è stato tutt’uno con il passaggio, cioè con l’andatura, la quale a sua volta è ritmo, dunque narrazione” (Paolo Rumiz)
Dall’archivio fotografico del Pedale Casalese:
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