sabato 5 maggio 2018

Governo, la beffa del Rosatellum: il primo firmatario è il grillino Toninelli

http://www.affaritaliani.it/politica/governo-la-beffa-del-rosatellum-il-primo-firmatario-e-il-grillino-toninelli-538115.html



Governo, la beffa del Rosatellum: il primo firmatario è il grillino Toninelli

La legge elettorale colpevole dello stallo e avversata dal M5s ha come primo firmatario proprio un pentastellato: Danilo Toninelli

Lo stallo di governo, e la difficoltà a trovare una maggioranza, ha come colpevole in primis la legge elettorale, il famigerato Rosatellum. Una legge avversatissima dai grillini, le prime vittime della legge che prende il nome di Ettore Rosato del Pd. Ma Il Secolo D'Italia scopre che il primo firmatario non è un "piddino", bensì - incredibile ma vero - un esponente dei 5 stelle, e per giunta l'esperto di leggi elettorali del M5s. Ovvero Danilo Toninelli. 
Già, il fatto che "la legge più avversata dai Cinquestelle di questa legislatura" scrive il Secolo, "porti in testa il nome del deputato grillino, esperto di sistemi elettorali, è un dato di realtà, messo nero su bianco".
Ma questo succede per colpa del Regolamento della Camera. Esiste infatti una norma che dà modo di accorpare più proposte sulla stessa materia di legge in un testo di legge unificato. E il primo firmatario di quest'ultimo risulterà essere il primo firmatario della prima legge depositata, in questo caso la legge depositata dal M5s.
E "come emerge dall’analisi del testo appena passato al Senato e divenuto legge" illustra sempre Il Secolo, "Il Rosatellum bis è l’unificazione di ben trenta proposte depositate a Montecitorio durante la XVII legislatura, ma proprio in virtù del funzionamento dei testi unificati, il primo firmatario della nuova legge elettorale italiana risulta essere proprio Danilo Toninelli, nonostante il M5S abbia cercato in tutti i modi di non far passare la nuova legge elettorale".
Insomma, si può proprio dire che - nel caso dei 5 stelle - il Rosatellum oltre a essere un danno è anche una beffa.
Lo stallo di governo, e la difficoltà a trovare una maggioranza, ha come colpevole in primis la legge elettorale, il famigerato Rosatellum. Una legge avversatissima dai grillini, le prime vittime della legge che prende il nome di Ettore Rosato del Pd. Ma Il Secolo D'Italia scopre che il primo firmatario non è un "piddino", bensì - incredibile ma vero - un esponente dei 5 stelle, e per giunta l'esperto di leggi elettorali del M5s. Ovvero Danilo Toninelli. 
Già, il fatto che "la legge più avversata dai Cinquestelle di questa legislatura" scrive il Secolo, "porti in testa il nome del deputato grillino, esperto di sistemi elettorali, è un dato di realtà, messo nero su bianco".
Ma questo succede per colpa del Regolamento della Camera. Esiste infatti una norma che dà modo di accorpare più proposte sulla stessa materia di legge in un testo di legge unificato. E il primo firmatario di quest'ultimo risulterà essere il primo firmatario della prima legge depositata, in questo caso la legge depositata dal M5s.
E "come emerge dall’analisi del testo appena passato al Senato e divenuto legge" illustra sempre Il Secolo, "Il Rosatellum bis è l’unificazione di ben trenta proposte depositate a Montecitorio durante la XVII legislatura, ma proprio in virtù del funzionamento dei testi unificati, il primo firmatario della nuova legge elettorale italiana risulta essere proprio Danilo Toninelli, nonostante il M5S abbia cercato in tutti i modi di non far passare la nuova legge elettorale".
Insomma, si può proprio dire che - nel caso dei 5 stelle - il Rosatellum oltre a essere un danno è anche una beffa.

Strategie Amministrative: Brivio, Decaro e Fontana e il futuro degli Enti locali

Strategie Amministrative: Brivio, Decaro e Fontana e il futuro degli Enti locali: Il nuovo numero di Strategie Amministrative pubblica con un'intervista esclusiva al Presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana (da leggere anche online) che fa il punto sui temi proposti da Anci Lombardia alla nuova giunta regi

giovedì 3 maggio 2018

CONVOCAZIONE CONSIGLIO COMUNALE di Castiglione D'Adda 8 maggio 2018 ore 21,30

CONVOCAZIONE CONSIGLIO COMUNALE di Castiglione D'Adda 

http://www.comune.castiglionedadda.lo.it/2018/05/convocazione-consiglio-comunale-4/

Il Consiglio Comunale è convocato, presso la Sala Consiliare in Via Roma, 130,  in sessione straordinaria, seduta pubblica, il giorno 8 maggio 2018 alle ore 21:30
ordine del giorno

COMUNE DI CASTIGLIONE D'ADDA
ORDINE DEL GIORNO
CONSIGLIO N. 3 DEL 08-05-2018
LUOGO
Sala delle adunanze consiliari
ORE
21:30
SEDUTA
Straordinaria
1
LETTURA ED APPROVAZIONE VERBALI SEDUTA PRECEDENTE
Proposta N. 82 Ufficio: SEGRETERIA Servizio: AMMINISTRATIVO - Seduta Pubblica -
2
INTERROGAZIONE CONSILIARE "SICUREZZA, VIABILITA', PERSONALE
DIPENDENTE" PRESENTATA IN DATA 21.03.2018 - PROT. ENTE 2018/00002133 - DAI
CONSIGLIERI DI MINORANZA ALFREDO FERRARI, BASSANINI FRANCESCO E
ANELLI ANTONIO, DELLA LISTA CIVICA "IL PROGRESSO DI CASTIGLIONE"
Proposta N. 83 Ufficio: SEGRETERIA Servizio: AMMINISTRATIVO - Seduta Pubblica -
3
CONFERIMENTO BENEMERENZE CIVICHE 2018
Proposta N. 85 Ufficio: SEGRETERIA Servizio: AMMINISTRATIVO - Seduta Pubblica -
4
PROROGA VALIDITA' DOCUMENTO DI PIANO DEL P.G.T. FINO
ALL'ADEGUAMENTO DELLA PIANIFICAZIONE REGIONALE, PROVINCIALE E
METROPOLITANA, AI SENSI DELL'ART.5, COMMA 5 DELLA LEGGE N.12
DELL'11/03/2005 E S.M.I. CON MODIFICHE DI CUI ALLA L.R. 28/11/2014, N.31,
MODIFICATA DALL'ART.1, COMMA 1, L.R. N.16/2017
Proposta N. 24 Ufficio: TECNICO Servizio: TECNICO - Seduta Pubblica -
5
RINVIO ALL'ESERCIZIO 2018 DELL' ADOZIONE DELLA CONTABILITA' ECONOMICO
- PATRIMONIALE EX D.LGS. 118-2011 E S.M.I.
Proposta N. 14 Ufficio: FINANZIARIO Servizio: ECONOMICO - Seduta Pubblica -

mercoledì 2 maggio 2018

Facebook: ecco cosa è vietato postare

Facebook: ecco cosa è vietato postare

Il social network ha pubblicato il documento con i criteri utilizzati per stabilire cosa non si può postare e viene rimosso
facebook mano che indica dislike
di Redazione - 27 pagine di criteri utilizzati per dire cosa è vietato postare. Per la prima volta, Facebook ha svelato le linee guida interne secondo le quali il social decide quali contenuti pubblicati dagli utenti non possono essere postati e vanno, quindi, rimossi.

Facebook, i contenuti vietati

Il documento di 27 pagine spiega nel dettaglio cosa è consentito e cosa è vietato postare su Facebook. Si va dall'incitamento all'odio e alla violenza allo spam commerciale, dagli atti sessuali e i nudi sino alla violazione della proprietà intellettuale.
Per individuare i post vietati, il social, spiega in un post la vicepresidente per la gestione delle politiche globali, Monika Bickert, utilizza "una combinazione di intelligenza artificiale e segnalazioni delle persone". Tali segnalazioni – prosegue la Bickert – "vengono riviste dal nostro team di Community Operations, che lavora 24 ore su 24 in oltre 40 lingue. Ad oggi abbiamo 7.500 revisori di contenuti, oltre il 40% in più i quelli che avevamo nello stesso periodo l'anno scorso".

studiocataldi.it
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Facebook: ecco gli aspetti legali che ognuno dovrebbe conoscere

Un vademecum indispensabile con ampia raccolta di articoli e sentenze
Rappresentazione simbolica del socialnetwork
di Valeria Zeppilli - L'utilizzo di Facebook e degli altri social network è ormai diffusissimo tra la popolazione. Tale strumento, infatti, permette di mantenere i contatti con persone anche fisicamente lontane, di scambiare idee, conoscenze e opinioni, di scoprire e diffondere eventi e così via.
Non bisogna tuttavia dimenticare che, quando si decide di avvalersi di tale social network, bisogna farlo con la consapevolezza dei diversi aspetti giuridici che possono venire in rilievo.
Proviamo a vedere i principali.

Privacy

Una lunga elencazione dei diritti e delle responsabilità degli utenti è effettuata dallo stesso Facebook nelle condizioni d'uso accessibili dalla schermata di log in.
Partiamo dalla privacy.
L'utente della piattaforma resta proprietario di tutti i contenuti e di tutte le informazioni che pubblica. Per verificare il modo in cui il social network le condivide, deve accedere alle impostazioni privacy e alle impostazioni delle applicazioni e, nel caso, modificarle sulla base delle sue esigenze/intenzioni di maggiore o minore riservatezza.
Quando l'opzione prescelta è "Pubblica", le informazioni condivise possono essere visualizzate e associate al suo profilo da tutti, anche da coloro che non sono iscritti al social network.

Sicurezza

Anche in materia di sicurezza è lo stesso Facebook che segnala quali comportamenti gli utenti devono astenersi dal tenere per far sì che il sito resti sicuro.
Si tratta, evidentemente, di comportamenti che potrebbero comportare responsabilità civili e anche penali.
In particolare, l'impegno richiesto dal social network agli utenti è quello di non pubblicare comunicazioni commerciali non autorizzate, non raccogliere contenuti o informazioni degli utenti, non intraprendere azioni di marketing multi-livello illegali (come, ad esempio, schemi piramidali), non caricare virus o altri codici dannosi, non cercare di ottenere informazioni di accesso o di accedere agli account di altri utenti, non denigrare, intimidire o infastidire altri utenti, non pubblicare contenuti minatori, pornografici, con incitazioni all'odio o alla violenza o con immagini di nudo o di violenza esplicita o gratuita, non sviluppare né gestire applicazioni di terzi con contenuti relativi all'alcol, a servizi di incontri o comunque rivolti a un pubblico adulto senza indicare le dovute restrizioni di età.
Infine Facebook non va usato per scopi illegali, ingannevoli, malevoli o discriminatori e non vanno intraprese per il suo tramite azioni che possano impedirne, sovraccaricarne o comprometterne il corretto funzionamento.

Ulteriori divieti

Facebook richiede ai suoi utenti numerosi altri impegni.
Si pensi a quello a non fornire informazioni personali false, a non creare un account per conto di altri senza autorizzazione, a creare un solo account personale e a non crearne uno nuovo senza autorizzazione se quello originale è stato disabilitato.
Il diario personale, inoltre, non può essere utilizzato principalmente per ottenere profitti commerciali: a tale scopo va piuttosto usata una Pagina Facebook.
Le informazioni di contatto, poi, devono essere sempre corrette e aggiornate e la propria password non può essere condivisa con altre persone. Ai terzi deve essere inoltre impedito di eseguire qualsiasi azione che potrebbe mettere a rischio la sicurezza del proprio account e, in generale, non va trasferito il proprio account senza l'autorizzazione scritta di Facebook.
Facebook, poi, non può essere utilizzato da chi non ha compiuto 13 anni e da chi è stato condannato per crimini sessuali.
È infine fatto espresso divieto dal social network di pubblicare documenti di identità o informazioni finanziarie riservate e di taggare o inviare inviti tramite e-mail senza consenso a persone che non sono iscritte al social network.

Principali comportamenti sanzionabili

I rischi principali che si corrono, utilizzando Facebook, sono quelli di violare la privacy o i diritti di proprietà intellettuale altrui.
Magari del tutto inconsapevolmente.
Di conseguenza, se non si vuole incorrere nel rischio di essere chiamati a un risarcimento danni anche molto consistente, prima di pubblicare foto che non si è scattato direttamente o che ritraggano terzi che potrebbero avere qualcosa in contrario a vedere la loro immagine diffusa sul web, bisognerà pensarci due volte.
Tramite Facebook, poi si rischia di commettere diversi reati.
Senza pretese di esaustività, si pensi alla diffamazione di cui all'articolo 595 c.p., alla sostituzione di persona di cui all'articolo 494 c.p., alle offese alla religione dello Stato mediante vilipendio di persone di cui all'articolo 403 c.p. o, ancora, alle offese alla religione dello Stato mediante vilipendio di cose di cui all'articolo 404 c.p..
I dipendenti pubblici che perdono tempo su Facebook durante l'orario di lavoro, poi, rischiano anche di essere condannati per peculato (cfr., tra le tante, Cass. n. 34524/2013).
Raccolta di articoli e sentenze in cui si parla di Facebook:
» Le foto su Facebook sono private: attenti a utilizzarle con "leggerezza" - Valeria Zeppilli - 27/06/16
» Se un giudice e un avvocato sono amici su Facebook... - Giovanna Molteni - 23/06/16
» "Sei tu in questo video? Vergognati": non aprite il messaggio Facebook è un virus micidiale - Marina Crisafi - 15/06/16
» Avvocati: Gassani, quando il tradimento si scopre su Facebook - Gabriella Lax - 10/06/16
» Separazione: addebito per il marito inchiodato dalla dichiarazione d'amore all'amante su Facebook - Marina Crisafi - 25/05/16
» Cassazione: l'insulto su Facebook può diventare stalking - Marina Crisafi - 25/05/16
» Facebook censura e sceglie le news. È scandalo - Marina Crisafi - 14/05/16
» Avvocati: offendere l'ordine su Facebook è diffamazione aggravata - Marina Crisafi - 10/05/16
» Separazione: scatta l'addebito per il marito beccato a tradire su Facebook - Marina Crisafi - 29/04/16
» Criticare un bar su Facebook non è reato - Lucia Izzo - 14/03/16
» Sfogarsi su Facebook è diffamazione aggravata - Marina Crisafi - 04/03/16
» Offende l'azienda su Facebook: il licenziamento è legittimo - Lucia Izzo - 21/09/15
» Diffamazione: il commento sulla bacheca di Facebook configura la fattispecie aggravata ex art. 595 c.3 c.p. - Dario La Marchesina - 17/07/15
» Pubblicare le fotografie "postate" da altri su facebook, senza consenso dell'autore, può comportare una violazione di legge. - Avv. Paolo Accoti - 17/06/15
» Attenti a usare le foto di Facebook: sono proprietà privata! - Marina Crisafi - 14/06/15
» Cassazione: la diffamazione su Facebook è 'a mezzo stampa' - Lucia Izzo - 12/06/15
» "Chattare" o "navigare": il licenziamento ai tempi di internet, Facebook e degli altri social network. - Avv. Paolo Accoti - 05/06/15
» Cassazione: Lecito "spiare" il dipendente con un falso profilo Facebook per poi licenziarlo - Marina Crisafi - 28/05/15
» Cassazione i commenti sprezzanti su Facebook non costituiscono diffamazione. Ma ad una condizione! - N.R. - 19/05/15
» Facebook fornisce chiarimenti sulle sue policy in relazione alla rimozione di contenuti - N.R. - 17/03/15
» Facebook è per sempre! Anche dopo la morte un erede potrà gestire l'account del "trapassato" - Marina Crisafi - 13/02/15
» Scopre i tradimenti di lui su Facebook ma in cambio di risposte riceve violenze. Legittima la misura dell'allontanamento da casa - Marina Crisafi - 18/01/15
» Tribunale di Milano: licenziamento legittimo se il dipendente usa Facebook durante l'orario di lavoro - Avv. Barbara Pirelli - 16/09/14
» Cassazione: Facebook è 'luogo aperto al pubblico'. Commette reato di molestie (660 c.p.) chi fa commenti 'poco educati' sulle bacheche delle ragazze - Avv. Barbara Pirelli - 15/09/14
» Separazione: via le foto da Facebook! Una sentenza del Tribunale di Napoli - Dott. Cristian Montalbano - 01/09/14
» Cassazione: Adesca minorenne su Facebook? Legittima la custodia cautelare in carcere - Marina Crisafi - 26/08/14
» Lesione della REPUTAZIONE a mezzo Facebook: 'raccomandato e leccacu...' - Cass. Pen. 16712 del 16.4.2014 - Law In Action - di P. Storani - 05/05/14
» Cassazione: La diffamazione a mezzo Facebook è reato anche se non si fanno nomi - A.V. - 18/04/14
» Chi si trova agli arresti domiciliari non può chattare su Facebook. - Avv. Barbara Pirelli - 17/01/14



Valeria Zeppilli  

La Fornero getta altro odio: "Sono preopccupata da Salvini"

http://www.ilgiornale.it/news/politica/fornero-getta-altro-odio-sono-preopccupata-salvini-1521249.html?mobile_detect=false

La Fornero getta altro odio: "Sono preopccupata da Salvini"

 

L'ex ministro di Monti: "La mia riforma trasformata in propaganda". E attacca la Lega: "Mi hanno scannata". Fedriga: "Fa bene a preoccuparsi"


"Da cittadina - ha detto ospite di Circo Massimo su Radio Capital - mi preoccupa un governo a guida Salvini". Che tra i due non scorra buon sangue, non è certo un mistero. Matteo Salvini non l'ha mai perdonata per la riforma previdenziale che, dopo essere stata attuata sotto il governo Monti, ha fatto piangere migliaia di italiani per diversi anni. E lei, l'ex ministro del Lavoro, non ha mai digerito gli attacchi (politici) alla riforma, che porta il suo nome, e le continue promesse del centrodestra di cancellarla.
Accanto al contrasto dell'immigrazione clandestina e alla flat tax, i punti cardine di un eventuale governo di centrodestra a guida Salvini c'è proprio l'abolizione della riforma Fornero. Il leader del Carroccio si è fatto carico di questa promessa con migliaia di esodati. Che il lavoro dell'ex ministro, scelto dall'allora premier tecnico Mario Monti per eseguire i diktat di Bruxelles sul piano previdenziali, sia un pasticcio, adesso lo dice anche l'Unione europea. Nei giorni scorsi, infatti, l'atteso "Pensions Adequacy Report 2018" della Commissione europea ha bocciato la Fornero e l'adeguamento automatico dell'età pensionabile legato alle aspettative di vita e ha invitato ad "affrontare gli effetti collaterali negativi delle riforme pensionistiche all'insegna dell'austerità". Anche davanti all'evidenza, per, l'ex titolare del Welfare non è disposta al mea culpa. Anzi, preferisce attaccare a testa bassa Salvini.
Già in passato, la Fornero aveva difeso il proprio operato dicendo di aver "salvaguardato gli esodati". Adesso, ai microfoni di Radio Capital, spiega che il problema non sono certo le sue misure ma chi le critica. "Invece di usare la riforma per scannarsi e scannare me - ha argomentato - bastava monitorarla e non trasformarla in strumento di propaganda politica". In Italia, secondo l'ex ministro, c'è "un contrasto tra la complessità del nostro sistema del lavoro e la faciloneria di certe ricette politiche". "In campagna elettorale - ha continuato - i politici hanno trattato italiani come volessero comprare illusioni, la campagna è stata una grande fiera di compravendita di illusioni". La Lega, però, non si lascia scalfire da questi attacchi. Anzi, il neo governatore del Friuli Venezia Giulia, Massiliano Fedriga, ha replicato a muso duro: "Chi ha portato avanti una riforma dannosa e ha impedito l'occupazione spostando il costo della previdenza dal pubblico al privato, fa bene a preoccuparsi se al governo vuole andare una forza come la nostra".

 
ilgiornale.it

ritorno al futuro -- assemblea del lodigiano venerdi' 4 maggio 2018 ore 21 lodi

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Offerte per Milano - Intesa Sanpaolo Group

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Indennizzo processi lunghi: legge Pinto incostituzionale

https://www.studiocataldi.it/articoli/30191-indennizzo-processi-lunghi-legge-pinto-incostituzionale.asp


Indennizzo processi lunghi: legge Pinto incostituzionale

La Consulta ha dichiarato l'illegittimità dell'articolo della legge Pinto nella parte in cui non prevede domanda equa riparazione in pendenza del giudizio
lumaca in martello giustizia
di Marina Crisafi - È costituzionalmente illegittima la "legge Pinto", nata per prevenire e indennizzare i cittadini per i ritardi causati dalla lentezza della giustizia, nella parte in cui non prevede che la domanda di equa riparazione possa essere proposta in pendenza del procedimento in cui è maturato l'irragionevole ritardo. È quanto ha deciso la Corte Costituzionale che, dopo il forte monito contenuto nella sentenza n. 30 del 2014, ha censurato l'articolo 4 della legge n. 89 del 2011 con riferimento ai principi di ragionevolezza e di ragionevole durata del processo (articoli 3 e 111 della Costituzione) nonché ai principi sanciti negli articoli 6 e 13 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo.

Legge Pinto: indennizzo anche in pendenza di processo

Con la sentenza n. 88/2018, depositata oggi (sotto allegata), il giudice delle leggi ha deciso che la disposizione censurata "non offre infatti alcuna tutela proprio nei casi più gravi, nei quali non vi è neppure certezza che la sentenza, ancorché in ritardo, possa comunque arrivare".
Posta di fronte a una grave lesione di un diritto fondamentale, si legge in una nota dell'ufficio stampa della Corte, la Consulta, "è stata costretta a porvi rimedio, rinviando alla prudenza interpretativa dei giudici di merito la possibilità di applicare in modo costituzionalmente corretto la legge Pinto, come modificata dalla pronuncia di incostituzionalità", ferma restando l'opportunità (auspicata!) che il legislatore provveda ad integrare il testo modificato in modo da rendere maggiormente funzionale la tutela del diritto alla ragionevole durata del processo. In merito, la sentenza afferma infatti, che spetterà "da un lato, ai giudici comuni trarre dalla decisione i necessari corollari sul piano applicativo, avvalendosi degli strumenti ermeneutici a loro disposizione; e, dall'altro, al legislatore provvedere eventualmente a disciplinare, nel modo più sollecito e opportuno, gli aspetti che apparissero bisognevoli di apposita regolamentazione".

Corte Cost. sentenza n. 88/2018

Chi paga i debiti condominiali?


 Chi paga i debiti condominiali?
La ripartizione delle spese condominiali in caso di vendica, acquisto all’asta, conguagli, spese ordinarie e straordinarie; chi copre i buchi del bilancio lasciati dai morosi?

 Chi paga i debiti condominiali?
Nel tuo palazzo si ripresenta spesso il problema dei morosi. Così, con periodicità quasi sistematica, l’amministratore vi riunisce in assemblea per rappresentarvi la disastrata condizione delle casse del condomino, perennemente in rosso a causa dei soliti morosi. In passato, per non subire il riscatto delle utenze e l’interruzione dei servizi da parte dei fornitori, vi siete “autotassati”, istituendo una sorta di fondo per coprire il deficit. Ora però c’è chi è stanco di questa situazione e non intende più rimetterci di tasca propria per colpa degli altri. Resta però il problema di dover pagare i creditori per non subire il pignoramento e, magari, il distacco della luce dalle scale o dall’ascensore. Insomma, il gatto si morde la corda. Normale chiedersi, in una situazione come questa, chi paga i debiti di condominio? Se anche esistono assicurazioni che coprono gli edifici dal rischio dei morosi, non è il vostro caso e ora dovete correre al più presto ai ripari. Vediamo dunque cosa prevede la legge a riguardo.

Come si dividono le spese di condominio?

Ogni condomino deve pagare le quote per le spese riguardanti la gestione del condominio quali le spese per la conservazione delle parti comuni ed i servizi (ad esempio il compenso all’amministratore, la luce nelle scale, il giardiniere, la ditta di pulizia delle scale, quella per la manutenzione dell’ascensore, ecc.). Regola vuole che la ripartizione delle spese avvenga secondo le cosiddette tabelle millesimali. In particolare, a ciascun appartamento viene attribuito un valore sulla base di una serie di parametri (altezza, esposizione, dimensione, ecc.) e, in proporzione ad esso, gli si attribuisce una sorta di punteggio. La somma dei punti di tutti gli appartamenti del condominio deve dare, come risultato, mille. Per ciò si parla di millesimi. Dunque ogni condomino paga le spese di condominio in proporzione a quelli che sono i millesimi del proprio appartamento rispetto a quelli complessivi dell’edificio [1].

La vendita dell’appartamento: chi paga i debiti condominiali?

Ci sono però dei casi particolari che lasciano qualche dubbio in merito a chi deve pagare i debiti condominiali. Ricorrente è l’ipotesi di chi vende casa e lascia dei debiti con il condominio. In questo caso il nuovo acquirente è responsabile con il vecchio condomino per i debiti da questi lasciati nell’anno di acquisto e in quello precedente. In realtà, non è proprio così: il termine da considerare non è il rogito ma il momento in cui il rogito (o una equivalente attestazione del notaio) viene inviata all’amministratore di condominio affinché aggiorni l’anagrafe condominiale. Questo momento funge da spartitraffico:
  • i debiti sorti dopo questa data ricadono sul nuovo proprietario,
  • quelli sorti nello stesso anno e nell’anno anteriore ricadono sia sul venditore che sull’acquirente: si tratta di una responsabilità solidale. L’amministratore potrà presentare il decreto ingiuntivo al nuovo condomino che però si rivarrà sul vecchio;
  • i debiti sorti ancora prima restano a carico del precedente condomino.
Abbiamo analizzato il caso delle spese condominiali ordinarie; ma cosa succede invece per quelle straordinarie? Capita infatti che il condominio abbia bisogno di una ristrutturazione, a volte importante e costosa, della facciata. Queste spese vengono prima deliberate dall’assemblea, poi si procedere a una gara di appalto e poi si autorizza l’amministratore a firmare il contratto con la ditta esecutrice; solo alla fine fine approvato il prospetto di spesa totale ed il riparto delle singole quote secondo le tabelle millesimali. Può succedere che durante queste operazioni vi sia una compravendita. In tali casi, se le spese straordinarie sono state deliberate dall’assemblea prima della vendita, potranno essere richieste esclusivamente al venditore e non anche all’acquirente. È però importante in questo caso verificare che tipo di deliberazioni sono state adottate prima della compravendita e cioè se queste abbiano deciso non solo la categoria dei lavori e dunque ad esempio ristrutturazione della facciata e dei lastrici solari, ma anche il costo degli stessi e la relativa ripartizione tra i condomini. Se infatti prima della vendita è stato deliberato solo di ristrutturare la facciata ma non sono stati decisi né i lavori da fare, né l’importo della spesa complessiva né la ripartizione, l’obbligo al pagamento spetta al nuovo proprietario anche se non ha partecipato alla prima delibera con cui si decideva di svolgere i lavori. Il motivo è che è obbligato al pagamento delle spese condominiali il condomino che ha potuto partecipare alla decisione sulla spesa [2].

L’acquisto della casa all’asta: chi paga i debiti condominiali?

Un’altra questione che si può porre nella vita condominiale e che potrebbe lasciare incerti su chi paga i debiti di condominio è legata al soggetto che deve pagare le spese condominiali di un immobile acquistato all’asta giudiziaria. Può succedere infatti che un condomino subisca un pignoramento e che, quindi, si proceda alla vendita forzata della casa. Se il ricavato dall’asta non è sufficiente a coprire tutte le spese condominiali, l’amministratore potrà chiedere sia al vecchio proprietario che al nuovo proprietario che ha acquistato all’asta, di pagare i debiti condominiali del precedente condomino. Potrà però richiedere solo le quote ordinarie quali ad esempio quelle riferite alle utenze, all’amministrazione, all’assicurazione fabbricato, alle pulizie, di competenza all’esercizio finanziario del subentro e quello precedente. Dunque se Mario acquista la casa all’asta a marzo 2017, potranno essere richieste a lui le quote ordinarie riferite all’anno di acquisto ed a quelle del 2016, sempreché l’esercizio finanziario del condominio, previsto dal regolamento, sia quello che va dal primo gennaio al trentuno dicembre.
La vendita all’asta che avviene formalmente con il “decreto di trasferimento” – atto del tribunale che attesta l’avvenuto versamento dell’intera somma stabilita durante l’asta giudiziaria – ha gli stessi effetti di una normale vendita ed ecco perché la legge è identica a quest’ultimo caso [3] da noi analizzato nel paragrafo precedente.
Nel caso in cui invece le quote condominiali ordinarie si riferiscono ad anni precedenti al periodo considerato e dunque nell’esempio fatto si riferiscono al 2015, l’unico obbligato al pagamento, sarà il precedente proprietario.
È prevedibile che in quest’ultima ipotesi sarà difficile ottenere le somme, in quanto chi subisce una vendita forzata della casa è presumibilmente in difficoltà finanziaria. Né tantomeno i debiti condominiali possono essere soddisfatti prima degli altri creditori, salvo il caso in cui il condomino sia stato dichiarato fallito (si pensi ad un immobile appartenete ad una società dichiarata fallita); in quest’ultima ipotesi infatti le spese condominiali relative al periodo successivo alla dichiarazione di fallimento e fino alla vendita della casa anche qui all’asta, saranno liquidate dal Tribunale, prima di tutte le altre.
Anche per le spese condominiali straordinarie si applica la disciplina della compravendita che abbiamo analizzato sopra.

I conguagli di spese condominiali vecchie

Altro caso spinoso si presenta quando l’amministratore, per propria inerzia o per inerzia dell’assemblea, richiede quote condominiali molto vecchie, riferite cioè a spese riguardanti molti anni addietro. La richiesta di spese condominiali non può essere avanzata per debiti più vecchi di 5 anni perché, dopo tale termine, cadono in prescrizione.
La riforma del condomino [4] ha stabilito un termine in cui l’amministratore è obbligato a richiedere le quote e cioè 180 giorni dalla chiusura dell’esercizio. Ciò dovrebbe mettere al riparo i condomini dal rischio che passi troppo tempo prima che l’amministratore richieda le somme ai morosi. È importante a questo punto chiarire da quando parte il calcolo del tempo ed in particolare ci si chiede se questo debba partire da quando la spesa è stata sostenuta o comunque dal momento in cui il servizio è stato svolto o dal momento in cui la spesa viene approvata dall’assemblea. È quest’ultima la soluzione più corretta: dunque il calcolo del tempo massimo oltre il quale non si possono più chiedere somme al moroso parte dall’anno di competenza della spesa richiesta. Se la somma si riferisce ad esempio a spese di pulizia del mese di gennaio 2017 e la fattura è stata emessa il trenta dicembre dello stesso anno, al condomino si potrà chiedere tale spesa fino al ventinove dicembre 2022; oltre tale termine il debito del condomino sarà prescritto e dunque non più richiedibile.

Mancata approvazione del rendiconto

Cosa succede invece qualora il condominio non riesce ad approvare il rendiconto annuale? L’amministratore può richiedere ugualmente le somme ai condominii morosi? E’ un caso frequente quello per cui un condominio non riesca a deliberare l’approvazione di un rendiconto annuale ed il relativo piano di riparto tra i singoli condomini. Questo può avvenire perché il rendiconto è contestato nella sua redazione, per i criteri di ripartizione adottati o per le spese sostenute. Può però anche capitare che non sia approvato per mancanza di quorum costitutivo e dunque non vi sia una presenza sufficiente di condomini per costituire l’assemblea o ancora perché manca il quorum deliberativo e dunque non vi è la maggioranza prevista dalla legge per l’approvazione del rendiconto in prima o seconda convocazione [5]. Ebbene, in tal caso il problema non si pone: difatti manca il presupposto per la richiesta al giudice dell’ordine di pagamento nei confronti del moroso (il cosiddetto decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo). Difatti la legge [6] prevede che «per la riscossione dei contributi in base allo stato di ripartizione approvato in assemblea, l’amministratore, senza bisogno di autorizzazione di questo, può ottenere un decreto d’ingiunzione immediatamente esecutivo, nonostante l’opposizione».
Eppure a fronte di una mancanza di un rendiconto approvato, vi è comunque la necessità di far fronte alle spese anche solo ordinarie ad esempio per utenze condominiali che se non pagate potrebbero essere sospese. Si potrebbe allora chiedere l’approvazione forzata del bilancio attraverso un ricorso al Tribunale; ma questa possibilità è preclusa all’amministratore che dunque, in assenza di condomini (anche uno) che si faccia carico di presentare ricorso al Tribunale, rimane bloccato.
La giurisprudenza ha posto rimedio a questa lacuna del legislatore affermando che in caso di mancata approvazione del rendiconto, l’amministratore può in ogni caso richiedere un decreto ingiuntivo nei confronti del condomino moroso anche se non provvisoriamente esecutivo, sulla base dell’ultimo bilancio approvato. L’intento è quello di garantire la continuità della gestione quantomeno nell’assolvere a quegli obblighi verso i fornitori dei servizi abituali e necessari per la sopravvivenza del condominio.

Il problema del pignoramento del condominio

Torniamo ora al problema su chi ricade la copertura dei debiti lasciati dai morosi. La legge consente al creditore di pignorare innanzitutto il conto corrente del condominio. In secondo luogo, se nulla trova, può rivalersi contro i singoli condomini. A tal fine è tenuto a chiedere all’amministratore di condominio la lista dei condomini non in regola con i pagamenti relativi alla fattura per la quale il creditore agisce. Ottenuto tale elenco, egli deve procedere prima a pignorare i beni di questi e poi, se non trova nulla su cui rivalersi, dovrà agire contro tutti gli altri condomini, quelli cioè in regola coi pagamenti. Nei confronti di questi deve comunque agire secondo millesimi. Tanto per fare un esempio, se il creditore ha un debito di 100 euro ed esistono tre condomini ciascuno con 333,33 millesimi, potrà chiedere al massimo 333 euro a testa verso di questi. Per recuperare tutto il proprio credito l’amministratore dovrà quindi esperire tanti pignoramenti per quanti sono i condomini.

L’approvazione di un fondo di copertura dei debiti dei morosi

Un’ultima importante precisazione: se l’assemblea decide di coprire i buchi lasciati dai morosi chiedendo un’anticipo, agli altri condomini, delle relative quote lo può ben fare. Ma non può chiedere a questi di pagare per conto dei morosi, a meno che non ci sia l’unanimità. Dunque, basterebbe anche il “no” di un solo condomino per escludere un’ipotesi di questo tipo.

note

[1] Art. 1123 cod. civ.
[2] Cass. sent. n. 10235/2013.
[3] Art. 63 dips. att. cod. civ.
[4] Legge n. 220 del 2012.
[5] Art. 1136 cod. civ.
[6] Art. 63 disp. att. cod. civ.



Quali sono le tasse per un artigiano?

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Quali sono le tasse per un artigiano? 

 

Quali sono le tasse per un artigiano?

Iva, Iri, Irpef, Irap, contributi previdenziali: le imposte e le agevolazioni previste per chi ha una piccola impresa.
Aprire un’attività in proprio è il sogno di molti. E per realizzare quel sogno, a volte basta una piccola impresa, senza per forza dover mettere in piedi una multinazionale. Le soddisfazioni ricompenseranno, sicuramente, i tanti sacrifici da fare, tra cui quello di pagare le imposte. Ma quali sono le tasse per un artigiano? Quali sono i costi, oltre a quelli vivi di materiali, apparecchiature, personale, utenze, ecc. che bisogna sostenere tra soldi da versare al Fisco e contributi da corrispondere all’Inps? E sono dei costi proibitivi per chi vuole dare il via alla sua attività?
Molte cose sono state semplificate, altre sono sparite. C’è, ad esempio, da considerare l’arrivo dell’Iri (che nulla c’entra con l’estinto Istituto presieduto dall’ancora arzillo Romano Prodi), cioè l’imposta sul reddito dell’imprenditore. Una nuova norma che ha cambiato qualche carta in tavola. C’è il passaggio a miglior vita dell’Irap ma solo a certe condizioni. Ci sono dei cambiamenti sul fronte contributivo.
Vediamo, allora, quali sono le tasse per un artigiano tra Iva, Irap, Irpef e contributi Inps.

Le tasse per un artigiano: l’Iri

Tra le novità introdotte recentemente per quanto riguarda le tasse per un artigiano c’è quella nota con l’acronimo Iri, cioè imposta sul reddito dell’imprenditore. L’obiettivo è quello di far pagare le tasse alle aziende allo stesso modo, al di là delle loro dimensioni o forme societarie, secondo un’aliquota proporzionale. Che cosa cambia con l’Iri? In pratica, chi svolge un’attività (artigianale, in questo caso) può far confluire il reddito dell’impresa in quello proprio, oggi soggetto ad Irpef con aliquota progressiva. Così, il reddito di impresa che oggi è soggetto ad Ires e ad Irpef verrà assoggettato a Iri.
Ma se la vecchia aliquota progressiva scompare, quale sarà quella nuova? Mancano ancora delle conferme (il nuovo Governo dovrebbe determinare i parametri ipotizzati da quello vecchio) ma, se non ci saranno ulteriori modifiche, si parla di un’aliquota unica e fissa al 24% da applicare solo al reddito di impresa o a quello di lavoro autonomo. Gli utili che spettano al titolare o ai soci, invece, resteranno assoggettati all’Irpef in basi agli scaglioni che tra poco vedremo.

Le tasse per un artigiano: il regime di cassa

Altra novità che riguarda le tasse di un artigiano è quella che interessa l’applicazione del regime di cassa per le fatture non saldate. In estrema sintesi, si può dire che, grazie a questa soluzione, l’artigiano è tenuto a versare le tasse solo sulle fatture effettivamente pagate o incassate e non su quelle emesse ma ancora insolute. Viene, così, superato il principio di competenza economica e, quindi, l’artigiano che non viene pagato da un cliente moroso o che viene pagato in ritardo non deve far rientrare nel proprio reddito quell’importo finché non lo avrà percepito. Esattamente come fanno i professionisti.
Lo stesso vale per le spese sostenute o da sostenere dagli artigiani, ad eccezione di quelle legate a quote d’ammortamento, Tfr o canoni leasing.
Questo regime contabile semplificato va applicato alle imprese (anche artigiane) i cui ricavi annui non superano i 400mila o i 700mila euro, a seconda dell’attività svolta.
Aderire al regime semplificato comporta i suoi obblighi e, nello specifico:
  • registrare tutte le fatture di acquisto e di cessioni e oneri deducibili ai fini di imposta sui redditi e fuori campo Iva;
  • registrare incassi e pagamenti entro 60 giorni da quando diventano effettivi;
  • registrare i beni ammortizzabili;
  • tenere un libro unico del lavoro se si ha dei dipendenti.

Le tasse per un artigiano: l’Irap

Altro elemento importante da sapere quando ci si chiede quali sono le tasse per un artigiano: l’esenzione dal pagamento dell’Irap per chi non ha il requisito dell’autonoma organizzazione. Così ha deciso la Cassazione [1].
Che cos’è questo requisito? L’autonoma organizzazione – accertata dal giudice di merito – ricorre se il contribuente:
  • sia il responsabile dell’organizzazione sotto qualsiasi forma e, quindi, non inserito in una struttura sotto la responsabilità altrui;
  • impieghi dei beni strumentali eccedenti il minimo indispensabile per esercitare l’attività oppure si avvalga occasionalmente di prestazioni altrui.
Sarà il contribuente – in questo caso l’artigiano – a dover dimostrare di avere diritto al rimborso dell’Irap pagata e all’esenzione dall’imposta [2].
Se, invece, l’artigiano possiede un’attività svolta in forma societaria, autonomamente organizzata e diretta alla produzione e allo scambio o alla prestazione di servizi, allora sarà tenuto al pagamento dell’Irap. Tuttavia, nel caso di piccoli imprenditori che lavorano sotto forma di ditta individuale, l’applicazione dell’imposta non è automatica ma presuppone l’accertamento del requisito dell’autonoma organizzazione.

Le tasse per un artigiano: l’Irpef

Come abbiamo detto in precedenza, per il reddito di impresa di un artigiano è prevista la tassazione con un’aliquota fissa del 24%. Gli utili che spettano al titolare o ai soci, però, restano assoggettati all’Irpef in basi a questi scaglioni:
  • fino a 15.000 euro: aliquota del 23%;
  • da 15.001 a 28.000 euro: 3.450 euro + 27% sulla parte eccedente i 15.000 euro;
  • da 28.001 a 55.000 euro: 6.960 euro + 38% sulla parte eccedente i 28.000 euro;
  • da 50.001 a 75.000 euro: 17.220 euro + 41% sulla parte eccedente i 55.000 euro;
  • oltre i 75.000 euro: 25.420 euro + 43% sulla parte eccedente i 75.000 euro.
Il calcolo dell’imposta va determinato a seconda di:
  • il reddito complessivo (la somma dei redditi imponibili netti);
  • il reddito imponibile (reddito complessivo – oneri deducibili ed eventuali perdite di anni precedenti);
  • l’imposta lorda (applicazione delle aliquote progressive appena viste al reddito imponibile);
  • l’imposta netta (imposta lorda – detrazioni ed eventuali crediti d’imposta).
Dall’imposta netta, inoltre, verranno scomputati i versamenti di acconto e le ritenute alla fonte a titolo di acconto. Il risultato di quest’operazione sarà l’importo della tassa effettivamente da versare.

Le tasse per un artigiano: i contributi Inps

Anche il capitolo dedicato ai contributi previdenziali da versare all’Inps rientra tra le tasse per un artigiano ma riserva qualche novità. In particolare, è cambiato il reddito minimo, fissato ora a 15.710 euro, e sono aumentate le aliquote, cioè le percentuali relative ai contributi calcolati sul reddito.
Partiamo dalle aliquote, che sono:
  • il 24% per gli artigiani;
  • il 21% per i coadiutori artigiani minori di 21 anni.
Per quanto riguarda, invece, il reddito minimale, come detto, oggi è pari a 15.710 euro. Di conseguenza, gli importi contributivi minimi da versare sono:
  • 3.777,84 euro per gli artigiani (3.770,40 + 6,44 di contributo maternità);
  • 3.306,54 euro per i coadiutori artigiani minori di 21 anni (3.299,10 + 7,44 di contributo maternità).
Che succede, però, se il reddito supera l’importo minimo? In questo caso, si applicano le stesse aliquote fino al limite della prima fascia di retribuzione annua pensionabile, fissata per il 2018 in 46.630 euro. I redditi superiori a questa cifra vedranno aumentare l’aliquota di un punto percentuale, quindi:
  • 25% per gli artigiani;
  • 22% per i coadiutori artigiani minori di 21 anni.
I contributi vanno pagati, attraverso il modello F24, in quattro rate di pari importo entro:
  • il 16 maggio;
  • il 21 agosto;
  • il 16 novembre;
  • il 18 febbraio dell’anno successivo.
I contributi che, invece, eccedono il minimale vanno versati entro i termini previsti per il pagamento delle imposte sui redditi delle persone fisiche.
Gli artigiani, comunque, possono continuare ad usufruire degli sconti sui contributi Inps per over 65 e per chi aderisce al regime forfettario (leggi qui per approfondire questo aspetto).

note

[1] Cass. sent. n. 24515/2016 del 30.11.2016.
[2] Cass. sent. n. 21124/2010.


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