giovedì 31 maggio 2018

CASTIGLIONE IN MARCIA AL MEMORIAL MILANESI CON BRC


ART. TRATO DA LA LIBERTA' ED DEL LODIGIANO

mercoledì 30 maggio 2018

ALLA SCOPERTA DEL PARCO adda sud

ALLA SCOPERTA DEL PARCO
Mercoledì 30 Maggio 2018
"Alla scoperta del Parco": è il titolo della manifestazione che, domenica 3 giugno, richiamerà l'attenzione degli appassionati dell'ambiente sotto i portici di palazzo Broletto a Lodi.
Per iniziativa delle Guardie Ecologiche del Parco Adda Sud va in scena il tradizionale appuntamento con l'esposizione dei lavori realizzati da ragazze e ragazzi delle scuole dell'obbligo negli ultimi mesi, durante gli incontri con i volontari del gruppo di educazione ambientale.
Alle 15.00, spazio ad una singolare 'Caccia all'albero'.
I lavori resteranno esposti dalle 10 alle 18.

https://www.videonotizietv.it/appuntamenti/alla-scoperta-del-parco



martedì 29 maggio 2018

odg consiglio comunale del 30 maggio 2018 a castiglione d'adda

CONVOCAZIONE CONSIGLIO COMUNALE

Il Consiglio Comunale è convocato, presso la Sala Consiliare in Via Roma, 130,  in sessione ordinaria, seduta pubblica, il giorno 30 maggio 2018 alle ore 21:00
ordine del giorno


COMUNE DI CASTIGLIONE D'ADDA
ORDINE DEL GIORNO
CONSIGLIO N. 4 DEL 30-05-2018
LUOGO
Sala delle adunanze consiliari
ORE
21:00
SEDUTA
Ordinaria
1
D.LGS. 18 AGOSTO 2000 N. 267, ART. 227 - APPROVAZIONE RENDICONTO DELLA
GESTIONE ANNO 2017
Proposta N. 15 Ufficio: FINANZIARIO Servizio: ECONOMICO - Seduta Pubblica -


 http://www.comune.castiglionedadda.lo.it/2018/05/convocazione-consiglio-comunale-4/

 Nessun testo alternativo automatico disponibile.art. tratto da il cittadino lodi



Arriva "Io", l'app per tutti i servizi pubblici

 
 

Arriva "Io", l'app per tutti i servizi pubblici

 i lavora allo sviluppo di un'applicazione sperimentale che consentirà ai cittadini di gestire direttamente dai cellulari i rapporti con la PA e l'accesso ai servizi pubblici. Dall'estate 2018 l'app sarà già disponibile per alcuni servizi

funzioni di applicazione Io della pubblica amministrazione
di Gabriella Lax - Si chiama "Io" ed è l'applicazione nata per far comunicare cittadino e Pubblica Amministrazione. Si viaggia a passi da gigante verso la digitalizzazione dei rapporti con la P.A. grazie al lavoro del team per la Trasformazione Digitale della Presidenza del Consiglio, guidato da Diego Piacentini, in collaborazione con AgID (Agenzia per l'Italia Digitale).
"Io" è il progetto per lo sviluppo di un'applicazione sperimentale che consentirà ai cittadini di gestire direttamente dal proprio smartphone i rapporti con la PA e l'accesso ai servizi pubblici. «L'app – spiega Piacentini - permetterà di ridurre drasticamente i tempi degli adempimenti. Con un sistema di notifiche, pagamenti e scadenze, in pochi minuti si potranno svolgere operazioni che prima richiedevano molto più tempo».
Sarà un servizio in grado di favorire e facilitare anche il lavoro della Pubblica Amministrazione perché con l'integrazione di PagoPA, ANPR e SPID, mette a disposizione la maggior parte delle funzioni che sono comuni a tutti i servizi.


Come funziona "Io"

Cliccando su https://io.italia.it/ si potrà vedere l'anteprima del prototipo e i dettagli del progetto. L'applicazione utilizza sistemi già in funzione che andranno a convergere in un'unica piattaforma, aiutando i cittadini e il lavoro delle pubbliche amministrazioni, che potranno usare le funzionalità di "Io" per l'erogazione dei servizi. Ai cittadini servirà uno smartphone e scaricare l'applicazione per chiedere e conservare documenti e certificati, accettare ed effettuare pagamenti, ricevere comunicazioni, messaggi e promemoria.
Al momento l'applicazione non è disponibile negli app store di Apple e Android, ma è prossimo l'inizio della cosiddetta fase di "closed beta".
Già dall'estate 2018 l'app potrà essere usata per alcuni servizi locali e nazionali. In territori con numero e importanza di servizi più alti, i cittadini saranno invitati a partecipare al test dell'applicazione man mano che aumenteranno gli utenti si passerà alla versione beta.

art.tratto da studiocataldi.it
 

NASpI: guida all'indennità di disoccupazione

https://www.studiocataldi.it/articoli/30559-naspi-guida-all-indennita-di-disoccupazione.asp


NASpI: guida all'indennità di disoccupazione

 

Cos'è la NASpI o Assicurazione Sociale per l'Impiego, quali requisiti, a chi spetta, per quanto tempo e come fare domanda. La guida completa sulla misura a sostegno del reddito per i lavoratori disoccupati
parola disoccupazione su carta colorata
di Annamaria Villafrate - La NASpI o indennità di disoccupazione è una misura di sostegno del reddito erogata solo in presenza di determinati requisiti contributivi, lavorativi e reddituali. Prevista per i disoccupati involontari è concessa anche in particolari casi di dimissioni volontarie. La misura può essere concessa solo a soggetti determinati, per periodi di durata variabile. La domanda può essere inoltrata in modi diversi e la data di presentazione incide in modo particolare sull'erogazione della NASpI. Prevista anche per i lavoratori stagionali, la NASpI è compatibile con particolari situazioni lavorative e in determinati casi può essere ridotta, sospesa o revocata.
Indice:

  1. Che cos'è la NASpI
  2. NASpI: i requisiti generali
  3. NASpI anche per dimissioni
  4. NaSpI: i soggetti beneficiari
  5. I soggetti esclusi dalla NASpI
  6. La liquidazione anticipata della NASpI
  7. NASpI: come si calcola
  8. NASpI: quando dura
  9. NASpI per i lavoratori stagionali
  10. NASpI: entro quando richiederla
  11. NASpI: come si chiede
  12. NASpI: il modello SR163 per gli accrediti
  13. NASpI: quando arriva il primo pagamento
  14. Domanda NASpI: vale come dichiarazione di disponibilità
  15. NASpI e assegno di ricollocazione 2018
  16. NASpI: decadenza, sospensione e riduzione
  17. NASpI anche per chi lavora

Che cos'è la NASpI

La NASpI è un'indennità mensile di disoccupazione, una misura di sostegno al reddito del lavoratore che ha perso involontariamente il lavoro. Introdotta dall'art. 1 del dlgs. n. 22 del 4/03/ 2015 ha sostituto l'ASpI e la MiniASpI ed è prevista per i disoccupati involontari a partire dal primo maggio del 2015.

NASpI: i requisiti generali

Per richiedere la NASpI occorre essere in possesso dei seguenti requisiti:
  • aver perso involontariamente il lavoro;
  • nei quattro anni antecedenti il periodo di disoccupazione devono essere state versate tredici settimane di contributi;
  • aver svolto almeno 30 giorni di lavoro nei 12 mesi precedenti lo stato di disoccupazione;
  • aver dichiarato al Centro per l'Impiego la propria disponibilità a svolgere attività lavorativa e a partecipare a misure di politica attiva del lavoro.

Il requisito contributivo per la NASpI

Abbiamo visto che per poter chiedere la NASpI è necessario che, nei quattro anni anteriori all'inizio del periodo di disoccupazione, siano state versate 13 settimane di contributi "utili". Sono "utili", ad esempio i contributi figurativi accreditati per maternità obbligatoria, se all'inizio del periodo di astensione dal lavoro sono già stati versati. Non sono utili invece, ad esempio, i periodi di assenza per permessi e congedi fruiti dal lavoratore per assistere un soggetto con handicap grave come il coniuge, un genitore, il figlio, o il fratello o sorella conviventi.

Il requisito lavorativo per la NASpI

Altro requisito è quello relativo all'attività lavorativa. Per fare domanda infatti è necessario che il soggetto nei dodici mesi precedenti il periodo di disoccupazione abbia svolto 30 giorni di lavoro effettivo.
Tra gli eventi che possono ampliare l'arco dei dodici mesi all'interno dei quali può rientrare comunque il requisito dei 30 giorni, ci sono ad esempio quelli di:
  • malattia e infortunio sul lavoro;
  • assenza per congedi e/o permessi per assistere un soggetto con handicap grave, purché autorizzato;
  • congedo obbligatorio di maternità, purché nel periodo antecedente siano stati versati i contributi;
  • congedi parentali indennizzati e intervenuti durante il rapporto di lavoro;
  • cassa integrazione ordinaria o straordinaria con attività lavorativa azzerata.

NASpI anche per dimissioni

E' possibile fare domanda per la NASpI se ci si trova in uno stato di disoccupazione involontaria. Questa regola subisce un'eccezione in caso di dimissioni. Ci sono infatti dei casi in cui, dopo le dimissioni, il soggetto disoccupato lo è per sua volontà. Questo però non significa che le dimissioni siano sempre frutto di scelta completamente libera. Vediamo quali sono:
  • dimissioni durante il periodo di maternità;
  • dimissioni per giusta causa, quando questa è talmente grave da non consentire la prosecuzione, neppure provvisoria del rapporto di lavoro. Come accade ad esempio quando il datore non paga per mesi la retribuzione al dipendente;
  • risoluzione consensuale del contratto di lavoro nel corso della procedura conciliativa presso la Direzione Territoriale del Lavoro;
  • licenziamento con accettazione dell'offerta di conciliazione proposta dal datore entro i termini concessi per impugnare stragiudizialmente il licenziamento;
  • dimissioni che seguono il rifiuto del lavoratore di trasferirsi ad un'altra sede della stessa azienda distante a più di 50 km dalla sua residenza o che raggiungibile in 80 minuti con mezzi di trasporto pubblici (Messaggio INPS n. 369 del 26/01/2018).

NaSpI: i soggetti beneficiari

La NASpI spetta ai lavoratori subordinati che si trovano in uno stato involontario di disoccupazione, compresi:
  • apprendisti;
  • soci lavoratori di cooperative;
  • personale artistico;
  • dipendenti a tempo determinato delle P.A.

I soggetti esclusi dalla NASpI

Non hanno diritto alla NASpi i lavoratori:
  • dipendenti a tempo indeterminato delle P.A;
  • agricoli con contratti a tempo determinato e indeterminato;
  • extracomunitari con permesso di soggiorno per svolgere lavoro stagionale;
  • che hanno i requisiti per il pensionamento anticipato o di vecchiaia;
  • titolari di assegno ordinario d'invalidità.

La liquidazione anticipata della NASpI

Chi desidera avviare un'attività lavorativa in forma autonoma o d'impresa o vuole entrare a far parte di una cooperativa che prevede la prestazione lavorativa del socio può chiedere la liquidazione unica e anticipata della NASpI.

NASpI: come si calcola

Per calcolare la NASpI è necessario avere a disposizione il proprio estratto conto previdenziale, disponibile anche sul sito dell'Inps seguendo l'apposita procedura telematica, munirsi di calcolatrice e sommare le retribuzioni imponibili ai fini previdenziali degli ultimi 4 anni. Ottenuto l'importo totale lo si deve dividere per il numero delle settimane di contribuzione. Il risultato infine deve essere moltiplicato per il coefficiente 4,33.
  • Se dal calcolo risulta una retribuzione mensile pari o inferiore all'importo annuale fissato dall'INPS, attualmente pari a € 1.208,15 euro, la NASpI è pari al 75% di questo.
  • Se invece il risultato supera questa soglia, al 75% si aggiunge il 25% della differenza tra la retribuzione mensile del lavoratore e l'importo di € 1.208,15.
L'importo massimo della NASpI non può comunque superare € 1.314,30 mensili per il 2018.

NASpI: quando dura

La durata di erogazione della NASpI varia in base al trascorso contributivo del lavoratore. Essa può essere corrisposta per un numero di settimane pari alla metà delle settimane di contribuzione degli ultimi quattro anni, per un massimo di 24 mesi. Da precisare però che l'indennità non resta invariata per tutto il periodo, ma dal primo giorno del quarto mese diminuisce della misura percentuale del 3% per ogni mese.

NASpI per i lavoratori stagionali

I lavoratori stagionali hanno diritto alla NASpi, ma in considerazione delle caratteristiche di questi lavori, il periodo di disoccupazione è maggiorato di un mese rispetto agli altri lavoratori.

NASpI: entro quando richiederla

Per ottenere la NASpI si deve presentare domanda, a pena di decadenza, in modalità telematica, entro 68 giorni dalla fine del rapporto di lavoro. La data di presentazione della domanda è molto importante poiché incide sulla decorrenza della NASpI:
  • dall'ottavo giorno successivo a quello di cessazione del rapporto di lavoro, se la domanda viene presentata entro l'ottavo giorno;
  • dal giorno successivo a quello di presentazione della domanda, se questa viene presentata dopo l'ottavo giorno;
  • in caso di malattia, maternità o infortunio invece decorre dall'ottavo giorno successivo alla fine dell'evento se la domanda è presentata entro l'ottavo giorno;
  • dal giorno successivo a quello di presentazione della domanda se questa viene presentata dopo l'ottavo giorno, rispettando comunque i termini di legge;
  • in caso di licenziamento per giusta causa la NASpI decorre 30 giorni dopo rispetto ai normali termini di decorrenza.

NASpI: come si chiede

E' possibile presentare domanda per la NASpI nelle seguenti modalità:
  • tramite il servizio telematico dedicato presente sul sito dell'I.N.P.S a cui si accede con un PIN dispositivo personale;
  • avvalendosi della collaborazione di un patronato che verrà pagato trattenendo mensilmente sulla NASpI una somma destinata al pagamento del patronato stesso;
  • tramite il contact center I.N.P.S contattando il numero verde 803164, che è gratuito da fisso o il 06164164, a pagamento da telefono mobile.

NASpI: il modello SR163 per gli accrediti

In ogni caso durante la richiesta della NASpI bisogna ricordare di compilare e inviare all'I.N.P.S il modello SR163 per documentare chi è il titolare del conto corrente sul quale accreditare la NASpI. Questo modello può essere inviato online durante la presentazione della domanda telematica, o in forma cartacea direttamente allo sportello territoriale I.N.P.S competente.

NASpI: quando arriva il primo pagamento

La decorrenza della NASpI è influenzata dalla data in cui si presenta la domanda. A questo però occorre aggiungere altri fattori imprevedibili. La decorrenza infatti varia da sede a sede, dal tempo in cui viene lavorata la richiesta e altro ancora. Indicativamente occorre circa un mese dal momento in cui si presenta la domanda.

Domanda NASpI: vale come dichiarazione di disponibilità

Dal primo dicembre 2017 la domanda con cui il lavoratore disoccupato chiede l'erogazione della NASpI equivale alla D.I.D, ossia alla dichiarazione di immediata disponibilità per il riconoscimento dello status di disoccupato, dalla cui presentazione sul sito A.N.P.A.L sono quindi esonerati.

NASpI e assegno di ricollocazione 2018

La Legge di Bilancio 2018 prevede che i titolari di NASpI disoccupati da almeno 4 mesi, che sottoscrivono un nuovo patto di servizio personalizzato possono accedere anche alla misura dell'assegno di ricollocazione.
Vai alla guida L'Assegno di ricollocazione

NASpI: decadenza, sospensione e riduzione

Il D.Lgs. 150/2015 prevede misure sanzionatorie, come la riduzione o eliminazione della NASpI a carico del disoccupato che non osserva gli obblighi previsti dalla legge.
Si decade dalla NASpI quando:
  • viene meno il requisito della disoccupazione;
  • il disoccupato non partecipa alle attività del patto di servizio;
  • il disoccupato non si presenta agli appuntamenti con il tutor per confermare lo stato di disoccupazione e la stipula del patto di servizio;
  • rifiuta un'offerta di lavoro che sia in linea con la sua professionalità.
La NaspI viene invece sospesa quando:
  • il disoccupato stipula un contratto di lavoro subordinato a tempo determinato di durata non superiore a sei mesi. La sospensione opera d'ufficio e la NaspI riprende quando il contratto a termine giunge a scadenza.
La NaspI viene infine ridotta quando:
  • il beneficiario inizia a svolgere attività lavorativa autonoma o subordinata da cui ricava un reddito inferiore al limite di quello stabilito per conservare lo stato di disoccupazione. In questo caso il lavoratore, entro un mese dall'inizio dell'attività deve obbligatoriamente comunicare all'I.N.P.S il reddito dell'attività. La NaspI viene così ridotta nella misura dell'80% dei redditi presunti, riferiti al tempo intercorrente tra l'inizio e la fine dell'attività.

NASpI anche per chi lavora

La Circolare INPS n. 174/2017 ha precisato che la NASpI è compatibile con :
  • il reddito derivante da un nuovo lavoro subordinato;
  • lo svolgimento di 2 o più lavori part-time (con cessazione di uno dei due);
  • un lavoro autonomo preesistente e una nuova attività;
  • un lavoro accessorio o in forma flessibile;
  • borse di studi;
  • stage e tirocini professionali;
  • attività sportiva dilettantistica.
Regole particolari sono previste per:
  • gli iscritti ad albi professionali e liberi professionisti;
  • i possessori di Partita IVA;
  • attività svolte in ambito societario, funzioni di Amministratore, Consigliere e Sindaco.
La circolare INPS infine ha previsto che la NASpI può essere corrisposta anche a coloro che si trovano all'estero per cercare una nuova occupazione o per altri motivi.

art.tratto da studiocataldi.it
 

Rc auto: dal 1° giugno attestato di rischio digitale dinamico




Rc auto: dal 1° giugno attestato di rischio digitale dinamico

 

Attestato di rischio digitale dinamico in arrivo tra i nuovi provvedimenti anti furbetti presi dall'Ivass, l'Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni, che introduce anche la polizza "portabile" per le coppie di fatto
mano che digita su tablet assicurazione
di Gabriella Lax – Un meccanismo troppo legato alla residenza e al veicolo più che ai comportamenti di guida, per questo è' arrivato il momento di rivedere il sistema bonus/malus. Importanti novità in arrivo nel settore Rc auto frutto dei regolamenti Ivass, l'Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni.
Leggi anche Rc auto: nuove regole per il bonus-malus

Rc auto, come cambia l'attestato di rischio

Un primo cambiamento riguarda la riforma dell'attestato di rischio digitale che, dal prossimo primo giugno, diventa dinamico per valutare con maggiore precisione la sinistrosità dell'assicurato. Il provvedimento stabilisce il rilascio dell'attestato per tutte le tipologie di contratto (bonus/malus, franchigia e tariffa fissa), la modifica della tabella di sinistrosità pregressa ed la progressiva estensione, anno dopo anno, fino a 10 anni. Ed ancora viene adeguata la normativa all'esigenza di valutare correttamente la sinistrosità dell'assicurato anche rispetto ai sinistri pagati fuori dal periodo di osservazione o pagati dopo la scadenza del contratto, se alla scadenza del contratto stesso, l'assicurato abbia cambiato compagnia (nel caso dei "sinistri tardivi"). Questo consentirà di evitare comportamenti elusivi o fraudolenti, a beneficio degli assicurati virtuosi.
In ultimo viene recuperato il sistema i sinistri relativi a polizze di durata temporanea che saranno riportati nell'attestato di rischio rilasciato dall'impresa che per prima assumerà il rischio con un contratto annuale. A questo si aggiungono nuove regole per il riconoscimento della classe di merito di conversione universale e per la sua evoluzione nel tempo, con l'introduzione di benefìci a favore di alcune categorie di assicurati, come i conviventi di fatto e uniti civilmente. La classe di merito della polizza potrà essere trasferita non più solo a figli e coniugi ma anche all'interno delle coppie di fatto.
Si ricorda che l'attestato di rischio si riceve almeno 30 giorni prima della scadenza della polizza: il documento può essere scaricato nell'area dedicata sul sito internet della compagnia e si può richiedere una consegna telematica aggiuntiva tra quelle previste dall'impresa (ad esempio posta elettronica, app per smartphone o tablet/dispositivi multimediali). In caso di polizza stipulata presso un intermediario (agente, broker), è possibile richiedere la stampa dell'attestato di rischio senza alcun costo.

art.tratto da studiocataldi.it

lunedì 28 maggio 2018

illuminazione pubblica a castiglione d'adda : avanza il secondo lotto come previsto dal progetto originario

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lista civica il progresso di castiglione

art. tratto da il cittadino lodi

CENTRO SPORTIVO A CASTIGLIONE D'ADDA

Nessun testo alternativo automatico disponibile.
ART. TRATTO DA IL CITTADINO LODI 

VOTAZIONE IN C.C. : UNANIMITA' TRANNE IL CONSIGLIERE DEL PD
 per vari motivi che ha spiegato nel suo intervento pubblico.

lista civica il progresso di castiglione 

La costituzione italiana: cos’è e come funziona

La costituzione italiana: cos’è e come funziona 

 

La gerarchia delle fonti nello Stato italiano: come funziona la Costituzione, quali sono i suoi principi fondamentali e le norme immodificabili. Il testo della Costituzione.
La costituzione italiana: cos’è e come funzionaSpesso si citano i suoi articoli, ci si trincera dietro i suoi principi, si invocano le sue garanzie, ma non sempre si sa cos’è veramente, qual è il suo ruolo nell’ordinamento e la forza che può avere nei confronti delle altre leggi, della pubblica amministrazione o dei privati. È la Costituzione italiana: il testo più importante che esista nel nostro Paese, l’architrave della Repubblica, la base su cui poggiano tutte le altre norme. Se si tiene conto che, ad oggi, molte delle leggi che rispettiamo risalgono all’epoca fascista (pensa a tutto il codice civile e a quello penale), la Costituzione è relativamente recente: è entrata in vigore il 1° gennaio 1948 a seguito di approvazione dell’Assemblea costituente riunitasi subito dopo le ceneri della seconda guerra mondiale e il Referendum per la scelta fra repubblica e monarchia (2 giugno 1946). Ma cerchiamo di capire meglio cos’è la Costituzione italiana, a cosa serve, chi la deve osservare e quand’è obbligatoria.

Cos’è la Costituzione?

Prima di parlare nel dettaglio della Costituzione italiana, occupiamoci in generale della Costituzione, del significato di questa parola e di come, nella storia e negli altri Paesi, ha assunto importanza nel tempo.
La Costituzione nasce per arginare i poteri del re, per fissare una cornice entro cui il sovrano potesse decidere. Essa, in buona sostanza, definisce i diritti inviolabili del cittadino e i principi fondamentali dello Stato oltre il quale neanche il regnante può andare. Nelle monarchie passate, non tutti i re vollero concedere una costituzione al proprio popolo poiché essa finiva per limitare le loro prerogative; la Costituzione diventa invece molto più utilizzata nel momento in cui nascono le moderne repubbliche democratiche.
La Costituzione (anche chiamata Carta costituzionale) è quindi la legge fondamentale che fissa l’organizzazione dello Stato, le regole e i principi posti a fondamento dell’intero ordinamento giuridico, che nessuno può violare: né il re, né il parlamento.
Abbiamo usato le parole “legge fondamentale” non a caso: difatti, costituire (da cui deriva Costituzione) significa, anche nel senso comune, fondare, istituire. E non c’è dubbio che la costituzione fonda, istituisce in via definitiva un certo tipo di Stato che solo un nuovo referendum o una rivoluzione potrebbero rimuovere.

Esiste un contenuto tipico della Costituzione?

No: ogni Stato si è dotato della Costituzione che ha preferito. Ci sono stati alcuni Paesi come l’Inghilterra che hanno preferito adottare una Costituzione non scritta che certamente è molto meno garantista di una Costituzione scritta come l’hanno molte altre nazioni.
Non esiste, quindi, una regola che stabilisca il contenuto delle costituzioni, poiché ogni Stato redige questo atto di nascita in piena autonomia e vi scrive ciò che ritiene più importante.
Solitamente tutte le moderne costituzioni contengono norme che tutelano i diritti fondamentali dei cittadini e regolano l’attività dei massimi organi dello Stato.

Si può modificare la Costituzione di uno Stato?

Come abbiamo detto poc’anzi, ci sono alcuni principi fondamentali delle costituzioni che non possono essere modificati se non con una sommossa popolare, ossia eliminando – con la forza o anche con il consenso pacifico – un determinato tipo di Stato. Questo non toglie che tutte le altre norme siano modificabili attraverso però procedure più complicate rispetto a quelle con cui si modificano tutte le altre leggi. Ad esempio, in Italia le norme costituzionali che regolano l’autonomia delle Regioni sono state spesso oggetto di modifica.
Alla luce di ciò viene fatta una differenza tra:
  • costituzioni flessibili: quelle le cui norme possono essere modificate o integrate con una legge ordinaria del Parlamento;
  • costituzioni rigide: quelle le cui norme possono essere modificate o integrate dal Parlamento solo attraverso procedure molto complesse. L’Italia ha una costituzione rigida.

Come funzionano le leggi in Italia

Per capire cos’è la Costituzione italiana e come funziona dobbiamo anticipare un tema molto importante, se non fondamentale, nell’ambito del diritto costituzionale: la cosiddetta “piramide delle fonti”.
Come in un esercito ci sono dei gradi (c’è un generale che sta sopra il colonnello, il tenente e il maggiore e questi ultimi stanno sopra il capitano e il sottotenente, e così via), anche le nostre leggi hanno una gerarchia. Questa gerarchia è chiamata appunto piramide delle fonti e vede al proprio vertice i principi fondamentali della Costituzione (costituita dai primi 12 articoli). Questi non possono essere mai modificati, neanche con un procedimento di revisione della Costituzione stessa.
Nella “graduatoria” di importanza delle fonti del diritto (ossia delle leggi) troviamo, subito dopo i principi fondamentali, tutte le altre norme della Costituzione che, come detto, sono sì rigide ma non perciò immodificabili (lo sono attraverso il meccanismo dell’articolo 138 della Costituzione). Allo stesso livello ci sono le cosiddette leggi costituzionali che sono quelle approvate dal Parlamento ma con lo stesso meccanismo necessario a modificare la costituzione e che, pertanto, assumono una forza particolare.
Seguono poi le norme dell’Unione Europea che abbiamo deciso di rispettare e che, indirettamente, sono richiamate dalla Costituzione. L’articolo 11 infatti consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, limitazioni alla sovranità nazionale necessarie per assicurare una pacifica coesistenza tra le Nazioni.
Ci sono poi le leggi nazionali che sono quelle approvate dal Parlamento e dal Governo (in quest’ultimo caso si chiamano decreti legge e decreti legislativi).
Secondo le leggi regionali e, infine, i regolamenti ministeriali.
Come funzionano le fonti del diritto? La regola è molto semplice: la legge posta al vertice posta al vertice risulta quella più importante, mentre quelle situate ai piani inferiori devono conformarsi a quelle collocate ai piani superiori. Mai una legge regionale potrebbe derogare a una legge statale, così come mai una legge del Parlamento potrebbe contenere dei principi contrari alla Costituzione. Un decreto ministeriale che regoli e attui una legge non può prevedere dei principi differenti rispetto alla legge stessa. E così via.
Lo schema qui di sotto può illustrare meglio come stanno le cose.

Cos’è la Costituzione italiana?

Detto ciò possiamo già capire cos’è la Costituzione italiana. Si tratta della normativa più importante delle leggi dello Stato italiano, quella che fissa in principi generali di funzionamento del Paese.
Come abbiamo anticipato in apertura, l’Italia ha una sua costituzione, scritta e rigida, dal 1948. Si tratta di una Costituzione di 139 articoli (pochi rispetto al codice civile ma molti rispetto alla media di tante altre leggi) ai quali si aggiungono 18 disposizioni transitorie finali.
La Costituzione italiana è rigida in quanto il procedimento per modificarla è molto più complesso rispetto a quello di qualsiasi altra legge. Tale procedimento viene indicato all’articolo 138 della Costituzione stessa. La nostra Costituzione, quindi, può essere modificata nel tempo, ma solo attraverso procedure particolari che richiedono maggioranze parlamentari significative.
Nella Costituzione sono definiti e regolamentati:
  • i principi fondamentali e inviolabili dello Stato (articoli da 1 a 12). Facciamo qualche esempio. L’Art. 1 regola la forma repubblicana: l’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro. L’Art. 2: «La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo». L’Art. 3 regola il principio di uguaglianza: «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge senza distinzioni di sesso, razza, lingua, religione, opinioni politiche, condizioni personali e sociali (…)». L’Art. 4 stabilisce il diritto al lavoro. L’Art. 5 riconosce l’indivisibilità e l’unicità della Repubblica italiana, ecc.
  • i diritti e i doveri fondamentali dei cittadini (articoli da 13 a 54). Facciamo qualche esempio. L’Art. 13 stabilisce che la libertà personale è inviolabile; l’art. 14 estende questo principio al domicilio. L’art. 15 stabilisce la segretezza e la libertà della corrispondenza. L’art 16. stabilisce la libertà di movimento e l’art. 17 quella di riunione. L’art. 19 sancisce la libertà di culto, ecc. L’art. 21 – tra i più importanti – stabilisce il diritto di libertà di espressione e di pensiero: «Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure»;
  • l’ordinamento della Repubblica (articolo da 55 a 133). Vengono definiti i funzionamenti e i poteri dei vari organi dello Stato: le Camere (articoli da 55 a 69), il Presidente della Repubblica (articoli da 83 a 91), il Governo (articoli da 92 a 96), la magistratura (articoli da 101 a 1113), la Pubblica Amministrazione (articoli 97 e 98), la Corte Costituzionale (articoli da 134 a 137). Viene definito il procedimento di formazione delle leggi (articoli da 70 a 82). Vengono definite le Regioni, le Province e i Comuni (articoli da 114 a 133).
  • le garanzie costituzionali (articoli da 134 a 137);
  • il procedimento di revisione della Costituzione e di approvazione delle leggi costituzionali (articoli 138 e 139)

Chi deve rispettare la Costituzione italiana?

Anche se può sembrare strano, la Costituzione non si rivolge direttamente ai cittadini italiani, ma al legislatore, ossia al Parlamento e al Governo. Se è vero infatti che la Costituzione nasce per arginare i poteri del re, e che le due Camere e l’esecutivo hanno sostituito il monarca, la Costituzione definisce i limiti delle leggi che questi organi approvano. Questo significa che una legge che vieti agli stranieri i diritti fondamentali dell’uomo sarebbe incostituzionale, ma il titolare di una attività commerciale resta libero di decidere chi far entrare o meno nel suo negozio.

Che succede se una legge viola la Costituzione?

Una legge in contrasto con la costituzione viene definita “incostituzionale”. Ne abbiamo tanti esempi. Ma chi cancella una legge incostituzionale se chi l’ha approvata è anche chi ha il potere di modificarla o revocarla? A questo proposito interviene la Corte Costituzionale. Affinché però questa possa cancellare una legge incostituzionale è necessario che vi sia una causa nella quale tale norma illegittima deve essere approvata. Facciamo un esempio. Viene approvata una legge che vieta di farsi il segno della croce nelle strade pubbliche. Un uomo, colto a fare ugualmente il gesto religioso, viene multato. Fa così opposizione alla sanzione. Il giudice è però tenuto ad applicare la legge – in quanto regolarmente in vigore – e a dargli torto a meno che la Corte Costituzionale dichiari illegittima la norma in questione. Così l’uomo, nel fare ricorso al giudice, chiede che questi rinvii gli atti alla Corte Costituzionale affinché si pronunci sulla legittimità o meno della legge. Una volta che la Consulta avrà dichiarato incostituzionale la disposizione, il giudice non dovrà più applicarla, non solo al caso concreto, ma per sempre. Infatti la legge incostituzionale viene cancellata per sempre dall’ordinamento ed è come se non esistesse più con effetto retroattivo.

Legge 

 https://www.laleggepertutti.it/209674_la-costituzione-italiana-cose-e-come-funziona



Enti no profit: cosa sono e come funzionano?

Enti no profit: cosa sono e come funzionano? 

 Enti no profit: cosa sono e come funzionano?

Cosa sono gli enti no profit e quali regole disciplinano il loro funzionamento? Vediamolo insieme anche alla luce della riforma del terzo settore 
Oggi si sente molto parlare di no profit e terzo settore. Ma non tutti hanno ben chiaro cosa siano le associazioni non profit, come operino e secondo quali regole funzionino. Cerchiamo di capirlo insieme partendo dal significato letterale dell’espressione non profit.

Cosa vuol dire l’espressione non profit?

L’espressione non profit è una locuzione di origine angloamericana, dove la negazione “non” unita al sostantivo “profit” è stata utilizzata per indicare quelle organizzazioni che operano senza scopo di lucro e, dunque, di profitto.
Le organizzazioni non profit, infatti, sono parte del cosiddetto Terzo settore (terzo perché si colloca tra lo Stato e il mercato) e si caratterizzano per avere come obiettivo il bene comune. Con il termine no profit si indicano le attività svolte non professionalmente e senza scopo di lucro, che quindi perseguono un fine diverso dal profitto. In realtà, per essere precisi, le associazioni non profit possono svolgere attività a pagamento e possono conseguire profitti, ma non possono dividerli tra i soci (a differenza di quanto avviene nelle società commerciali). I soldi incassati dall’ente no profit vengono accantonati e riutilizzati dallo stesso per finanziare le sue attività e raggiungere i suoi scopi statutari.

Enti no profit: quale forma giuridica assumono?

Da un punto di vista giuridico, gli enti no profit possono essere strutturati in diverse forme, quali ad esempio:
  • associazioni riconosciute;
  • associazioni non riconosciute;
  •  fondazioni;
  •  comitati;
  • organizzazioni di volontariato;
  • cooperative sociali;
  • organizzazioni non governative;
  • associazioni di promozione sociale;
  • associazioni sportive dilettantistiche;
  • Onlus;
  • imprese sociali;
  • trust.
Da un punto di vista fiscale, invece, gli enti no profit possono assumere una delle seguenti vesti:
  • ente non commerciale: vi rientrano la maggior parte degli enti no profit, ossia quelli che non svolgono in modo esclusivo o prevalente un’attività di ordine commerciale;
  • ente commerciale: qualora l’ente non lucrativo svolga prevalentemente un’attività di natura commerciale;
  • onlus: specifica qualifica fiscale ottenibile solo dall’associazione in possesso dei requisiti previsti dalla legge [1].

Enti no profit: ecco il Codice del Terzo settore

La disciplina degli enti no profit, con l’adozione del Codice del Terzo settore [2] trova finalmente specifica e dettagliata disciplina. Era da almeno 20 anni che non veniva approvata una normativa così importante nell’ambito del Terzo settore e che potenzialmente interesserà tutte le associazioni.
L’adozione del Codice del Terzo settore e dei decreti attuativi nell’estate del 2017, però, non ha portato la disciplina alla sua piena operatività per diversi ordini di ragioni. In primo luogo perché i decreti attuativi a loro volta rimandano ad ulteriori decreti – circa quaranta – da approvarsi da parte dei singoli ministeri. Poi perché le disposizioni e gli incentivi fiscali che comportano benefici a vantaggio degli enti del Terzo settore potranno entrare in vigore solo dopo che la Commissione Europea avrà dato atto che essi non costituiscono un fenomeno distorsivo della concorrenza e quindi ad oggi non sono operativi.
In ogni caso la nuova disciplina sostituisce tutte le vecchie normative del settore, raggruppando in un solo testo tutte le tipologie di quelli che da ora in poi si dovranno chiamare Enti del Terzo settore. Saranno 7 le nuove tipologie di enti:
  • organizzazioni di volontariato;
  • associazioni di promozione sociale;
  • imprese sociali;
  • enti filantropici;
  • reti associative;
  • società di mutuo soccorso;
  • altri enti (associazioni riconosciute e non, fondazioni, enti di carattere privato senza scopo di lucro diversi dalle società).
È prevista la nascita del Registro unico nazionale del Terzo settore (detto Runts) che andrà a riunire e sostituire gli oltre 300 registri ed elenchi oggi esistenti. Gli Enti del Terzo settore, con l’iscrizione al registro, saranno tenuti al rispetto di vari obblighi riguardanti la democrazia interna, la trasparenza nei bilanci, i rapporti di lavoro e i relativi stipendi, l’assicurazione dei volontari, la destinazione degli eventuali utili. Ma potranno accedere anche a una serie di esenzioni e vantaggi economici previsti dalla riforma come ad esempio incentivi fiscali maggiorati per le associazioni, per i donatori e per gli investitori nelle imprese sociali.
La nuova disciplina amplia anche la platea dei destinatari del beneficio del 5Xmille, estendendola a tutti gli enti del terzo settore iscritti nel Registro unico nazionale, con la previsione di meccanismi di trasparenza che rendano conto ai cittadini di come gli enti impiegheranno le risorse ricevute.

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note

[1] D.Lgs. n. 460/1997.
[2] D. Lgs. n. 117/2017.

 LALEGGEPERTUTTI.IT

L’AUTORE:

CASTIGLIONE . CERCASI RAGIONIERE CAPO

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La pensione sociale

https://www.studiocataldi.it/articoli/30539-la-pensione-sociale.asp

La pensione sociale

Tutto sulla pensione sociale e sull'attuale assegno che l'ha sostituita, la disciplina, i requisiti, l'importo e come fare domanda
barattolo con scritta pensione e carrello con soldi
di Annamaria Villafrate - La pensione sociale, sostituita dal primo gennaio 1996 dall'assegno sociale, continua ad essere percepita da chi era in possesso dei requisiti richiesti e aveva presentato domanda prima dell'entrata in vigore della nuova misura assistenziale.
Vai alla guida L'assegno sociale
Analizziamo quindi la disciplina dei due istituti, chi ne ha diritto e chi no, quando viene sospesa o revocata, quali sono i requisiti soggettivi e reddituali necessari per fare domanda e come si presenta:
  1. Pensione sociale: cos'è e chi ne ha diritto
  2. Pensione sociale: disciplina
  3. Pensione sociale: chi non ne ha diritto
  4. Pensione sociale: come funziona
  5. Pensione sociale: oggi si chiama assegno
  6. Assegno sociale: decorrenza
  7. Assegno sociale: importo
  8. Assegno sociale: sospensione e revoca
  9. Assegno sociale: requisiti soggettivi
  10. Assegno sociale: requisiti reddituali
  11. Assegno sociale: domanda

Pensione sociale: cos'è e chi ne ha diritto

La pensione sociale era una misura assistenziale prevista in favore dei cittadini italiani residenti nel territorio italiano, di età superiore ai 65 anni di età e in possesso di determinati requisiti di reddito.

Pensione sociale: disciplina

La pensione sociale, introdotta dalla legge n. 153 del 30 aprile 1969 "Revisione degli ordinamenti pensionistici e norme in materia di sicurezza sociale" è disciplinata dall'art. 26 della legge suddetta.
Sostituita dall'assegno sociale dal 1 gennaio 1996, la pensione sociale continua ad essere percepita da coloro che, prima della riforma, avevano già maturato i requisiti richiesti entro il 31/12/1995 e, entro lo stesso termine, avevano presentato domanda. Si tratta di soggetti, che attualmente hanno almeno 88 anni di età, ossia coloro che nel 1996 avevano già compiuto 65 anni, età richiesta dalla legge per avere diritto alla pensione sociale.

Pensione sociale: chi non ne ha diritto

Ai sensi dell'art. 26 della legge n. 153/1969: "Non hanno diritto alla pensione sociale:
1) coloro che hanno titolo a rendite o prestazioni economiche previdenziali ed assistenziali, fatta eccezione per gli assegni familiari, erogate con carattere di continuità dallo Stato o da altri enti pubblici o da Stati esteri;
2) coloro che percepiscono pensioni di guerra, fatta eccezione dell'assegno vitalizio annuo agli ex combattenti della guerra 1915-18 e precedenti."
La legge tuttavia prevede dei correttivi per coloro che percepiscono rendite o prestazioni previdenziali o assistenziali di importi inferiori a una certa soglia. In questi casi, la pensione sociale infatti viene corrisposta in misura ridotta.

Pensione sociale: come funziona

La pensione sociale decorreva dal primo giorno del mese successivo a quello in cui veniva presentata la domanda. L'importo della pensione sociale, per i soggetti che ancora la percepiscono, è stato incrementato dall'art. 52 della legge finanziaria per l'anno 2000, n. 488/1999. L'importo, inoltre, è aggiornato annualmente in base all'aumento percentuale stabilito con decreto ministeriale. Decade dal diritto alla pensione sociale chi non è più in possesso dei requisiti reddituali o soggettivi richiesti dalla legge.

Pensione sociale: oggi si chiama assegno

L'assegno sociale, che ha sostituito la pensione sociale a decorrere dal primo gennaio 1996, è una prestazione economica assistenziale riconosciuta su domanda dell'interessato. Essa è rivolta ai cittadini italiani, ai cittadini europei e agli extracomunitari in una condizione di disagio economico e con un reddito inferiore alla soglia stabilita dalla legge.

Assegno sociale: decorrenza

Come la pensione sociale, l'assegno viene corrisposto a partire dal primo giorno del mese successivo alla presentazione della domanda e come previsto per la pensione sociale, è una misura di carattere provvisorio. Ogni anno infatti si procede al controllo relativo al possesso dei requisiti richiesti per la sua erogazione che, se mancanti, ne provocano l'interruzione.

Assegno sociale: importo

Attualmente l'importo dell'assegno è di € 453,00 per tredici mensilità e, per il 2018 valgono i limiti reddituali di € 5.889,00 per il soggetto singolo e di € 11.778,00 per il soggetto coniugato. L'importo non è soggetto alle ritenute IRPEF ed è riconosciuto nella sua interezza o in misura ridotta a seconda che il soggetto sia o meno coniugato e in base alla misura del reddito.

Assegno sociale: sospensione e revoca

L'assegno è sospeso se il titolare soggiorna all'estero per un periodo superiore a 30 giorni. Decorso un anno dalla sospensione, l'assegno viene revocato. Esso infatti non può essere erogato all'estero.

Assegno sociale: requisiti soggettivi

Dal primo gennaio 2018 hanno diritto all'assegno sociale i cittadini italiani e stranieri in possesso dei seguenti requisiti:
  • 66 anni e 7 mesi di età;
  • condizione di disagio economico;
  • cittadinanza italiana;
  • residenza effettiva e stabile per un minimo di 10 anni nel territorio nazionale;
  • cittadinanza comunitaria purché iscritti all'anagrafe del comune di residenza;
  • cittadini extracomunitari titolari del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo.

Assegno sociale: requisiti reddituali

Per avere diritto all'assegno sociale è necessario essere in possesso di determinati requisiti reddituali dai quali si desume la condizione economica di disagio necessaria per l'erogazione della misura.
I redditi che vengono presi in esame per valutare i requisiti reddituali sono quelli:
  • soggetti a IRPEF, al netto dell'imposizione fiscale e contributiva;
  • esenti da imposta;
  • soggetti a ritenuta alla fonte (vincite al gioco, concorsi a premi statali o erogati da persone giuridiche pubbliche e private);
  • soggetti a imposta sostitutiva (Es: interessi postali e bancari, di titolo di stato, ecc.);
  • di terreni e fabbricati;
  • le pensioni di guerra;
  • le rendite vitalizie INAIL;
  • le pensioni erogate da stati esteri;
  • le pensioni e gli assegni degli invalidi civili, dei ciechi civili e dei sordi;
  • gli assegni alimentari.
Ai fini dell'erogazione dell'assegno sociale invece non vengono presi in considerazione i seguenti importi:
  • anticipazioni su TFR e TFR;
  • reddito della casa di abitazione;
  • competenze arretrate sottoposte a tassazione separata;
  • indennità di accompagnamento per invalidi civili, ciechi civili e di comunicazione per i sordi;
  • assegno vitalizio degli ex combattenti della guerra 1915-1918;
  • arretrati di lavoro dipendente all'estero.

Assegno sociale: domanda

L'assegno sociale può essere richiesto nelle seguenti diverse modalità:
  • tramite il servizio dedicato del sito INPS, in cui è presente un manuale scaricabile con le istruzioni necessarie alla compilazione del modulo apposito;
  • tramite Contact center, chiamando il al numero 803 164 (gratuito da telefono fisso) o lo 06 164 164 da cellulare;
  • recandosi direttamente presso gli enti di patronato e gli intermediari dell'Istituto, che mettono a disposizione degli utenti i loto servizi telematici.
 
art. tratto da studiocataldi.it
 

Cellulare alla guida: l'app che evita multe e incidenti


Cellulare alla guida: l'app che evita multe e incidenti

Si chiama "Guida e basta", l'app anti-distrazione promossa dall'Anas nell'ambito della campagna 2018 sulla sicurezza
due donne con cellulare alla guida
di Gabriella Lax - Parlare al telefono o inviare messaggi mentre si guida può essere molto pericoloso. La distrazione dovuta al cellulare è la causa di tantissimi incidenti nel nostro Paese. Per questo, Anas, nell'ambito della campagna 2018 sulla sicurezza ha realizzato l'applicazione Guida e Basta.

Guida e basta, l'app italiana che blocca l'uso dello smartphone

Per evitare incidenti stradali, grandi colossi come Apple hanno pensato alla funzione che silenzia il telefonino mentre si guida. L'italianissima "Guida e Basta" è stata sviluppata in collaborazione con il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e la Polizia di Stato.

Guida e basta, come funziona l'app

Si tratta di un'applicazione disponibile su iOS e su Android che, una volta installata sul cellulare, va settata in modalità guida ogni qual volta ci si mette al volante.
In questa modalità l'app bloccherà le notifiche in entrata e invierà un messaggio a una lista di contatti fidati un messaggio per avvisarli che al momento non siamo reperibili poiché stiamo guidando. Nel corso delle soste, l'app consente di accedere alla localizzazione con GPS per inviare la posizione esatta ai contatti più stretti.
tratto da:
studiocataldi.it

Avviso pubblico ricerca n. 2 collaboratori/collaboratrici per il progetto SEAV

Avviso pubblico ricerca n. 2 collaboratori/collaboratrici per il progetto SEAV: AVVISO RICERCA N. 2 COLLABORATORI/COLLABORATRICI PER IL PROGETTO 'Lombardia Europa 2020 - Progettazione, modellizzazione e start-up di servizi europa d'area vasta (SEAV) nei contesti lombardi: essere competitivi in Europa' - POR FSE 201