venerdì 3 agosto 2012

allevamento suini : nel lodigiano un calo netto!

Nelle porcilaie della provincia gli affari non sono mai andati così male, e i loro titolari si ricorderanno dell’ultimo decennio come uno dei periodi peggiori nella storia della suinicoltura lodigiana. Una catastrofe confermata anche dai dati definitivi, appena pubblicati, dell’ultimo censimento generale dell’agricoltura, secondo cui - come spiega la Coldiretti Lombardia - «dal 2000 al 2010 è sparito l’83 per cento degli allevamenti a livello nazionale e quasi il 65 per cento nella sola Lombardia, che con i suoi oltre quattro milioni di capi rappresenta la metà della produzione italiana».A settembre 2008, quando è crollata la Lehman Brothers e il mondo si è scoperto sull’orlo del baratro, gli allevatori di suini italiani erano nella tempesta già da un anno, stretti fra il boom del costo dei cereali, il calo dei prezzi della carne, l’impatto della vescicolare. Non ha fatto eccezione il lodigiano, una terra un tempo punteggiata da numerosi allevamenti ma con pochi maiali, alimentati con gli scarti di lavorazione del latte e trasformati in carne e salumi con metodi artigianali, adatti alle piccole produzioni. Poi, a partire dagli anni Ottanta, con la contrazione del settore lattifero anche la suinicoltura si è trasformata, ma i cambiamenti più significativi sono avvenuti negli ultimi dieci anni. Dal 2000 a oggi il 36 per cento delle imprese lodigiane ha chiuso i battenti e da 234 allevamenti si è scesi a quota 150. Una performance in linea con quella delle altre provincie lombarde: «In dieci anni - aggiunge la Coldiretti regionale - in Lombardia si è passati da 7.487 aziende a 2.642, con un crollo delle imprese anche nelle province più vocate come Brescia (meno 73 per cento), Bergamo (meno 67) e Milano (meno 68)». Di fronte a queste cifre, il caso di Lodi appare quasi incoraggiante.La tendenza è la sparizione delle aziende piccole, a favore di realtà medio grandi. Qualche allevatore ha smesso del tutto, qualche altro ha iniziato a lavorare per altri soggetti, con una contrazione anche del numero di addetti: adesso bastano due persone per svolgere un’attività che un tempo coinvolgeva l’intera famiglia.Anche i margini sono ridotti all’osso, perchè nonostante le quotazioni si stiano riprendendo, i costi delle materie prime, dell’energia e della burocrazia continuano ad abbattersi come una mannaia sugli allevatori. Intanto le province di Milano e Lodi continuano a perdere il proprio potenziale produttivo: in meno di dieci anni ne è andato in fumo quasi la metà, e le 36.850 scrofe del 2002 sono diventate oggi poco meno di ventimila. Silvia Canevara tratto da il cittadino lodi

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