«Apparenti eccessi di mortalità e apparenti eccessi di incidenza». Per questo, negli ultimi 20 anni, la sanità lodigiana è tornata spesso ad affrontare il tema della diffusione dei tumori in provincia. E i risultati, parola di Eugenio Ariano, del dipartimento di prevenzione medica dell’Azienda ospedaliera di Lodi, dicono che «le considerazioni che sono state spesso viste come scusanti, sono ormai dati acquisiti: non esiste una specificità del territorio lodigiano nell’incidenza di tumori». Lo strumento scientifico per valutarli è il registro dei tumori, elaborato insieme all’Asl di Pavia, al centro della conferenza territoriale per l’oncologia 2011, che sabato mattina ha affollato il foyer dell’auditorium Bpl di via Polenghi Lombardo. «Le patologie non seguono i confini amministrativi - ha spiegato il dottor Ariano - : il numero di casi di neoplasie è aumentato a livello nazionale perché c’è stato un invecchiamento complessivo della popolazione e la diagnosi precoce permette di individuare più casi rispetto al passato». Gli indicatori lodigiani delle cellule killer, datati 2006-2007, ultimo anno di riferimento nel registro tumori, rimangono più alti rispetto alla media regionale per i maschi (30,4 casi ogni diecimila abitanti, superiore alla media lombarda di 29,1, ma inferiore a quella nazionale di 31,3), mentre si abbassano sensibilmente per le donne: 15,3 casi ogni diecimila rispetto al panorama regionale di 18,5 casi e la media italiana di 16,6 casi. Nel 2010, nei presidi lodigiani sono decedute 2209 persone per diversi fattori: ad ammalarsi per tumore sono stati in 8.170, però, mentre nel 2009 erano stati in 7417. Dati ben al di sotto della falce del diabete (9.307 casi) e delle patologie cardiovascolari (39.131 casi). «Le analisi che spesso appaiono sui giornali sono prive di qualsiasi fondamento scientifico - ha specificato il dottor Giovanni Ucci, coordinatore della Dipo XXI della Provincia di Lodi - : un’analisi capillare è possibile solo attraverso lo strumento del registro tumori, istituito grazie ai fondi della Regione Lombardia». E in cui, ha spiegato anche Maria Grazia Silvestri, direttore sanitario dell’Asl di Lodi, «non ci sono scoop, ma solo dati coerenti: fili che si riannodano l’uno con l’altro». Tra i fattori di rischio, in primis il fumo da sigaretta, poi i fattori alimentari, occupazionali e ambientali. «Un fumatore rischia fino a 60 volte di più - ha specificato il dottor Ariano - , mentre i fattori ambientali nel Lodigiano incidono solo tra l’1,05 e l’1,50 per cento». Al di là di quanto detto, a più riprese, sul Lodigiano come capitale dei tumori, «nel territorio non esistono connotazioni di rischio a carattere geografico». Una mole di dati enormi quelli analizzati per il registro tumori (oltre 1 milione e 730 mila schede di dimissione analizzate, ha specificato il dottor Giovanni Marazza, del dipartimento di prevenzione medica dell’Asl di Lodi), in cui a far paura, per stime e numeri, sono ancora il tumore al polmone (nel 2005 66,8 casi rispetto ai 62 di Pavia negli uomini), il melanoma (13,2 contro i 7,8 del pavese, «la metà dei quali colpisce al di sotto dei 59 anni» specifica il dottor Daniele Blandini, a capo dell’unità di chirurgia plastica dell’Ao) e gli episodi al pancreas (13,7 a Lodi, 8,4 a Pavia nei maschi, mentre nelle donne il rapporto è di 8,3 a 5,3), che negli anni ha assunto un carattere locale «di cui ancora non sono chiare le cause».
Per il tumore al polmone, «viaggiamo con un ritmo di 100 diagnosi all’anno» ha spiegato il dottor Luigi Negri dell’unità di pneumologia dell’azienda ospedaliera di Lodi, ma le visite specialistiche lo scorso anno sono state 1700. Accanto ai dati, il lavoro importante sulla prevenzione e l’assistenza al malato, anche terminale, con l’ospedalizzazione domiciliare, il percorso dell’unità di cure palliative e il lavoro del volontariato, assicurato dalle associazioni che coinvolge in prima fila realtà come l’Alao, il Samaritano e Incontro.
Rossella Mungiello
tratto da il cittadino lodi
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