Pensione quota 41 e 6 mesi
14 settembre 2018 | Autore: Noemi Secci
> Diritto e Fisco Pubblicato il 14 settembre 2018
Pensione anticipata con 41 anni e 6 mesi di contributi per tutti: nuova proposta per la riforma delle pensioni.Mentre si riflette sull’introduzione della pensione quota 100, con o senza limiti legati all’età e alla contribuzione, riservata ad alcune categorie o meno, ricalcolata col sistema misto o contributivo, spunta una nuova ipotesi: la pensione quota 41 e 6 mesi. Con questo nuovo tipo di pensione, l’uscita dal lavoro potrebbe essere raggiunta senza alcun limite di età, solo con 41 anni e 6 mesi di contribuzione. Il termine quota, che indica la somma di anni di età e di contributi, effettivamente in quest’ipotesi è usato in modo improprio, in quanto ci si riferisce ai soli anni di contribuzione: tra l’altro, trasformando i contributi in quota, si sarebbe dovuto utilizzare il nome 41,5, in quanto le mensilità devono essere trasformate in decimi, ai fini delle quote. Ma lasciamo perdere queste sottigliezze e cerchiamo di capire come potrebbe funzionare la pensione quota 41 e 6 mesi.
Indice
La nuova proposta di pensione a 41 anni e 6 mesi
Il funzionamento della pensione quota 41 anni e 6 mesi sarebbe piuttosto semplice: il trattamento potrebbe essere ottenuto con soli 41 anni e 6 mesi di contribuzione, senza limiti di età, e senza limiti legati alla categoria di appartenenza.In pratica, si amplierebbe notevolmente la platea dei destinatari dell’attuale pensione quota 41: ad oggi, infatti, esiste già un trattamento che può essere raggiunto col possesso di 41 anni di contributi, ma è riservato a determinate categorie di lavoratori precoci. Il requisito contributivo richiesto aumenterà poi di 5 mesi dal 2019.
La nuova quota 41 anni e 6 mesi, pur prevedendo solo un mese in più nel requisito contributivo richiesto, sarebbe però aperta a tutti i lavoratori, a prescindere dalla categoria di appartenenza e dal possesso del requisito di lavoratore precoce.
Come funziona il calcolo della pensione quota 41 e 6 mesi?
Per arginare il grande numero di lavoratori che potrebbero pensionarsi con la quota 41 e 6 mesi, e rendere sostenibile questa nuova possibilità, potrebbe essere ipotizzato sia il ricalcolo contributivo delle sole annualità di pensione dal 1996 in poi (in pratica, si potrebbe ipotizzare il calcolo misto anche per chi avrebbe diritto al calcolo retributivo sino al 31 dicembre 2011), sia il ricalcolo contributivo integrale.Il sistema di calcolo contributivo risulta penalizzante, nella maggioranza dei casi, in quanto a differenza del calcolo retributivo non si basa sugli ultimi redditi o stipendi (di solito i migliori nell’arco della vita lavorativa), ma sui contributi versati. Inoltre, le rivalutazioni dei contributi sono più basse rispetto a quelle applicate ai redditi nel calcolo retributivo.
Per capire meglio le differenze di calcolo del trattamento: Come si calcola la pensione.
Come funziona la pensione quota 41?
L’attuale pensione quota 41 è riservata a particolari categorie di lavoratori precoci. Nello specifico, per maturare il trattamento è necessario:essere lavoratori precoci, cioè possedere almeno 12 mesi di contributi da effettivo lavoro versati prima del compimento del 19° anno di età;
essere iscritti a una forma di previdenza obbligatoria prima del 1996;
appartenere a una delle seguenti categorie:
- lavoratori che risultano disoccupati a seguito di licenziamento, anche collettivo, o di dimissioni per giusta causa, o per effetto di risoluzione consensuale nell’ambito della procedura di conciliazione obbligatoria; perché gli appartenenti a questa categoria possano beneficiare dell’Ape sociale, è necessario che abbiano terminato da almeno tre mesi di percepire la prestazione di disoccupazione (il trattamento non spetta, dunque, a chi non ha percepito la Naspi o un sussidio analogo) e che non si siano rioccupati, o siano stati rioccupati con un contratto di lavoro subordinato, con i voucher o col contratto di prestazione occasionale o il libretto famiglia per non più di 6 mesi complessivamente;
- caregiver, cioè lavoratori che assistono, al momento della richiesta e da almeno 6 mesi, il coniuge o un parente di primo grado convivente con handicap grave, ai sensi della Legge 104; possono accedere alla misura, dal 2018, anche coloro che assistono un disabile portatore di handicap grave convivente, familiare entro il 2° grado, qualora i suoi genitori o il coniuge abbiano compiuto 70 anni, oppure siano anch’essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti.
- lavoratori che possiedono un’invalidità uguale o superiore al 74%;
- addetti ai lavori gravosi per almeno 6 anni negli ultimi 7 prima del pensionamento, o per almeno 7 anni nell’ultimo decennio, facenti parte dell’elenco di professioni di seguito indicato:
-
- operai dell’industria estrattiva, dell’edilizia e della manutenzione degli edifici;
- conduttori di gru, di macchinari mobili per la perforazione nelle costruzioni;
- conciatori di pelli e di pellicce;
- conduttori di convogli ferroviari e personale viaggiante;
- conduttori di mezzi pesanti e camion;
- professioni sanitarie infermieristiche ed ostetriche ospedaliere con lavoro organizzato in turni;
- addetti all’assistenza personale di persone in condizioni di non autosufficienza;
- professori di scuola pre-primaria;
- facchini, addetti allo spostamento merci ed assimilati;
- personale non qualificato addetto ai servizi di pulizia;
- operatori ecologici e altri raccoglitori e separatori di rifiuti;
- pescatori;
- lavoratori marittimi;
- operai agricoli;
- operai degli impianti siderurgici;
- addetti ai lavori usuranti o ai turni notturni
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