venerdì 14 settembre 2012
La centrale nella lista dei siti più “costosi” E.ON TAVAZZANO
tavazzano - montanaso La centrale termoelettrica E.On di Tavazzano - Montanaso entra nella “top 600” degli stabilimenti a più alto impatto ambientale censiti dall’Agenzia europea dell’ambiente, l’ente che ha sede a Copenaghen e già nel 2005 aveva prodotto una relazione sui “dinosauri” industriali d’Europa. Lo stabilimento lungo la Muzza figura alla piazza 428 di una sorta di classifica dei siti più “costosi” (si parla infatti di equivalenza dell’impatto ambientale in costi di mitigazione) che accompagna la relazione uscita dai tecnici al lavoro nel lontano Stato scandinavo. Del Rapporto 2011 sui costi dell’inquinamento atmosferico si sono occupati diversi media nelle ultime settimane, e guardandolo bene si constatano squarci che riguardano il Lodigiano e Sudmilano. Il lungo lavoro “Revealing the costs of air pollution”, caricato sul sito www.eea.europa.eu nel suo tecnicismo fondamentalmente “traduce” - o meglio ipotizza una traduzione - delle emissioni registrate dal singolo stabilimento, e da tutti assieme, in spese sanitarie, di mitigazione ambientale o di altro tipo. Insomma, in soldi che si sono già spesi per fronteggiare le conseguenze dell’avere una centrale termoelettrica o un gruppo industriale affine, nel contesto di un territorio. La centrale di Montanaso - Tavazzano, alimentata a metano dal 2010, figura in una posizione non altissima, ma comunque c’è. Bisogna scendere alla riga 428 e dopo le raffinerie di Venezia e il cementificio di Gubbio si incontra l’insediamento E.On alle porte di Lodi. Per quest’ultimo vengono riferiti i parametri di fondo delle emissioni principali, anche se mancano alcune categorie (nell’ordine Nox, ossido d’azoto; So2, diossido di zolfo; Pm10, polveri sottili; Nmvoc, composti organici volatili; Nh3 ovvero ammoniaca), e infine una stima di impatto economico, inteso come spese sanitario-ambientali, che sta fra i 51 e i 59 milioni di euro, non si precisa calcolati da quando e in quale arco temporale. Su base annuale, la cifra desta qualche perplessità. Per raffronto, si può considerare la piazza numero uno della lista. È appannaggio di un relitto post sovietico come la centrale termoelettrica di Rogowiec in Polonia, che impone “spese di recupero” fra i 1550 e i 2550 milioni. La testa è tutta occupata da centrali termoelettriche fino alla posizione 22, con l’impianto Federico II di Brindisi, il primo italiano, al numero 18, con 530-700 milioni di euro di danno. Nella parte bassa della lista, più o meno un centinaio di gradini sotto Montanaso e Tavazzano, si trova l’impianto termoelettrico di Piacenza, il camino sul Po all’ingresso della città. Il Rapporto 2011 dell’Aea-Aee precisa peraltro alcune note. In totale l’Europa avrebbe già speso, secondo il dossier, fra i 105 e i 170 miliardi di euro per contenere le conseguenze e i danni del suo apparato industriale di base (l’energia elettrica è più importante dell’arredo casa, per esemplificare). Centonovantuno stabilimenti da soli fanno il cinquanta per cento di questa cifra: 622 stabilimenti il 75 per cento. Le centrali termoelettriche da sole costano fra 26 e 71 miliardi. L’Agenzia monitora attraverso il registro E-Prtr e i parametri di conversione Cafe (acronimo di Clean air for Europe) circa 10mila siti, in base al Protocollo di Kiev e alla convenzione di Aahrus sulla trasparenza della comunicazione ambientale. Il Rapporto 2011 precisa peraltro, che il “costo” ambientale sanitario di un gruppo industriale non ha nulla a che vedere con la sua efficienza: in altri termini, può anche darsi che un complesso industriale “debba” inquinare per produrre. Prudenti in merito i sindaci di Tavazzano Giuseppe Russo e di Montanaso Luca Ferrari: «Un parere approfondito su questo studio può essere solo tecnico. Comunque, sono dati antecedenti il passaggio dall’olio combustibile al metano tre anni fa».Emanuele Dolcini TRATTO DA IL CITTADINO LODI
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