Indennizzo processi lunghi: legge Pinto incostituzionale
La Consulta ha dichiarato l'illegittimità
dell'articolo della legge Pinto nella parte in cui non prevede domanda
equa riparazione in pendenza del giudizio
di Marina Crisafi - È costituzionalmente illegittima la "legge Pinto",
nata per prevenire e indennizzare i cittadini per i ritardi causati
dalla lentezza della giustizia, nella parte in cui non prevede che la
domanda di equa riparazione possa essere proposta in pendenza del
procedimento in cui è maturato l'irragionevole ritardo. È quanto ha
deciso la Corte Costituzionale che, dopo il forte monito contenuto nella
sentenza n. 30 del 2014, ha censurato l'articolo 4 della legge n. 89
del 2011 con riferimento ai principi di ragionevolezza e di ragionevole
durata del processo (articoli 3 e 111 della Costituzione) nonché ai
principi sanciti negli articoli 6 e 13 della Convenzione europea dei
diritti dell'uomo.
Posta di fronte a una grave lesione di un diritto fondamentale, si legge in una nota dell'ufficio stampa della Corte, la Consulta, "è stata costretta a porvi rimedio, rinviando alla prudenza interpretativa dei giudici di merito la possibilità di applicare in modo costituzionalmente corretto la legge Pinto, come modificata dalla pronuncia di incostituzionalità", ferma restando l'opportunità (auspicata!) che il legislatore provveda ad integrare il testo modificato in modo da rendere maggiormente funzionale la tutela del diritto alla ragionevole durata del processo. In merito, la sentenza afferma infatti, che spetterà "da un lato, ai giudici comuni trarre dalla decisione i necessari corollari sul piano applicativo, avvalendosi degli strumenti ermeneutici a loro disposizione; e, dall'altro, al legislatore provvedere eventualmente a disciplinare, nel modo più sollecito e opportuno, gli aspetti che apparissero bisognevoli di apposita regolamentazione".
Corte Cost. sentenza n. 88/2018
Legge Pinto: indennizzo anche in pendenza di processo
Con la sentenza n. 88/2018, depositata oggi (sotto allegata), il giudice delle leggi ha deciso che la disposizione censurata "non offre infatti alcuna tutela proprio nei casi più gravi, nei quali non vi è neppure certezza che la sentenza, ancorché in ritardo, possa comunque arrivare".Posta di fronte a una grave lesione di un diritto fondamentale, si legge in una nota dell'ufficio stampa della Corte, la Consulta, "è stata costretta a porvi rimedio, rinviando alla prudenza interpretativa dei giudici di merito la possibilità di applicare in modo costituzionalmente corretto la legge Pinto, come modificata dalla pronuncia di incostituzionalità", ferma restando l'opportunità (auspicata!) che il legislatore provveda ad integrare il testo modificato in modo da rendere maggiormente funzionale la tutela del diritto alla ragionevole durata del processo. In merito, la sentenza afferma infatti, che spetterà "da un lato, ai giudici comuni trarre dalla decisione i necessari corollari sul piano applicativo, avvalendosi degli strumenti ermeneutici a loro disposizione; e, dall'altro, al legislatore provvedere eventualmente a disciplinare, nel modo più sollecito e opportuno, gli aspetti che apparissero bisognevoli di apposita regolamentazione".
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