mercoledì 18 maggio 2011

REFERENDUM SULL'ACQUA: LE DOMANDE GIUSTE

Energia e Ambiente
/ Concorrenza e Mercati
REFERENDUM SULL'ACQUA: LE DOMANDE GIUSTE
di
Andrea Boitani e Antonio Massarutto 17.05.2011
Domande e risposte sui referendum numero 1 e 2. Non si prevede alcuna privatizzazione
dell'acqua, ma la legge non mette in discussione neppure la natura pubblica del servizio,
l'universalità dell'accesso, il diritto soggettivo dei cittadini a riceverlo a condizioni accessibili. Non è
l'ingresso dei privati nella gestione dei servizi idrici a far salire i prezzi. E in ogni caso la tariffa dovrà
continuare a coprire gli investimenti. Da evitare invece che contenga extraprofitti. La gestione
dell'acqua è uno dei temi di cui si discuterà a Trento al
anche uno degli autori di questo articolo.
Festival dell'economia, a cui parteciperà
Il
economica - così recita:
economica) del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 “Disposizioni urgenti per lo sviluppo
economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e finanza la
perequazione tributaria”, convertito, con modificazioni, in legge 6 agosto 2008, n. 133, come
quesito referendario n. 1 - modalità di affidamento e gestione dei servizi pubblici di rilevanzaVolete Voi che sia abrogato l’art. 23-bis (Servizi pubblici locali di rilevanza
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modificato dall’art. 30, comma 26, della legge 23 luglio 2009, n. 99, recante “Disposizioni per lo
sviluppo e l’internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia”, e dall’art. 15 del
decreto-legge 25 settembre 2009, n. 135, recante “Disposizioni urgenti per l’attuazione di obblighi
comunitari e per l’esecuzione di sentenze della corte di giustizia della Comunità europea”,
convertito, con modificazioni, in legge 20 novembre 2009, n. 166, nel testo risultante a seguito della
sentenza n. 325 del 2010 della Corte costituzionale?
PRIVATIZZAZIONE DELL’ACQUA?
I promotori del quesito hanno giustificato la richiesta di abrogazione sostenendo che l’articolo 23-bis
prevede la
In realtà, la proprietà della risorsa idrica non viene messa in discussione dalla legge, ma questo è
addirittura banale. Ciò che conta davvero è che la legge non mette in discussione neppure la
pubblica
condizioni accessibili: la responsabilità della fornitura continua a essere pubblica e sono i piani di
gestione approvati da soggetti pubblici a decidere quali servizi offrire, quanti investimenti fare, quali
obiettivi di miglioramento perseguire. L’eventuale coinvolgimento del privato è una scelta che si può
descrivere così: il “condominio cittadino” ha bisogno di un idraulico per far funzionare il sistema di
servizio, e deve decidere se assumerne direttamente uno alle sue dipendenze (affidamento “in
house”) oppure affidare il compito a un professionista esterno. La legge non richiede che il
professionista esterno sia un privato, ma richiede che la scelta venga effettuata tramite una gara
pubblica. L’idraulico, chiunque esso sia (azienda pubblica o azienda privata), non è e non sarà mai il
“padrone dell’acqua”: l’acqua appartiene
modalità di accesso alle infrastrutture per approvvigionarsi del bene essenziale sono decise dal
soggetto pubblico, le tariffe sono approvate dal soggetto pubblico. L’idraulico ha solo il compito di
recapitarci l’acqua a casa, con le caratteristiche qualitative richieste affinché la possiamo usare e poi
riprenderla per restituirla all’ambiente. Però, l’idraulico costa: il vincolo per il comune, qualunque
modello scelga, è che le tariffe pagate dai cittadini coprano questi costi.
CON I PRIVATI ACQUA PIÙ CARA?
Uno dei leit-motiv dei referendari è che, con l’ingresso dei privati nella gestione dei servizi idrici, il
privatizzazione dell’acqua.naturadel servizio, l’universalità dell’accesso, il diritto soggettivo dei cittadini a riceverlo aai cittadini, le infrastrutture appartengono ai cittadini, le
prezzo dell’acqua
privata, ma semmai perché è stata, per così dire, “defiscalizzata” a partire dal 1994, quando venne
approvata la
nazionale). In passato, e in parte ancora oggi, è stata la
investimenti, mentre la tariffa a stento copriva i costi operativi. Se il contributo della fiscalità generale
viene meno, il gestore (chiunque esso sia, pubblico o privato) deve ottenere le risorse finanziarie dal
non potrebbe che salire. Ma il prezzo dell’acqua sale non perché la gestione siaLegge Galli (legge 36/1994, forse la legge ad attuazione più ritardata della storiafinanza pubblica a farsi carico (poco) degli
mercato
sono uguali per tutti e prevedono che la tariffa copra i costi di gestione, gli ammortamenti e il costo
del capitale investito: questo vale sia per le gestioni pubbliche che per quelle dove c’è una qualsiasi
forma di coinvolgimento privato.
CON I PRIVATI ACQUA PEGGIORE?
Un altro tema su cui insistono i referendari è che, con l’ingresso dei privati, non potremmo più
, o sotto forma di prestiti (capitale di terzi) o di equity (capitale proprio). Le regole tariffarie
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essere sicuri della
pericolo la nostra salute. Ma la qualità dell’acqua – in tutti i sensi, compreso quello relativo agli
scarichi depurati – è decisa dal
farà peggiorare la qualità, ma potrà farla sensibilmente migliorare, anche tenendo conto del
maggiore antagonismo tra regolatore e regolato. Con le gestioni pubbliche, il regolatore pubblico
chiude più facilmente un occhio e anche l’opinione pubblica è spesso disposta a tollerare dal
pubblico disfunzioni che mai tollererebbe da un privato. Basti citare la vicenda dell’arsenico: le
gestioni coinvolte si dividono esattamente a metà tra pubbliche e private, ma quando capita ad Acea
la si sbatte in prima pagina, quando invece capita alla gestione pubblica di Viterbo stranamente non
ne parla nessuno. L’acqua del sindaco, chissà perché, è sempre ottima e abbondante, anche
quando fa schifo. Va anche considerato che le tariffe sono congegnate in modo da premiare chi fa
qualità dell’acqua che beviamo e che, quindi, le gestioni private metterebbero inregolatore pubblico. Non solo l’eventuale ingresso dei privati non
investimenti
gestioni privatizzate investono di più di quelle pubbliche, che invece sono più vincolate dall’obiettivo
politico di tenere basse le tariffe.
EFFETTI COLLATERALI?
I referendari pensano all’acqua, però l’abrogazione della legge riporterebbe in vigore le
pre-vigenti
trasporti locali, eccetera. Secondo quelle normative, la possibilità di affidamento dei servizi “in
house”, al di fuori di un chiaro quadro di regolazione, era assai più ampia. L’articolo 23-bis, infatti
limita l’affidamento “in house” a “situazioni che, a causa di peculiari caratteristiche economiche,
sociali, ambientali e geomorfologiche del contesto territoriale di riferimento, non permettono un
efficace e utile ricorso al mercato”. In ogni caso, la legge che col referendum si potrebbe abrogare
richiede che la scelta dell’affidamento “in house” vada motivata e trasmessa con una relazione
all’Antitrust e all’autorità di settore (se esiste) che devono esprimere un parere (purtroppo non
vincolante). Qualcuno, facendo spallucce, dice che, per i settori diversi dall’acqua, si potrebbe
intervenire nuovamente ad abrogazione eventualmente avvenuta. Ma il quesito referendario
riguarda un intero articolo di legge, che si occupa di
i sì, la manifesta volontà degli elettori riguarderebbe tutti i servizi e non solo l’acqua. Perché il
legislatore dovrebbe rispettare l’esito del referendum per l’acqua e tradirlo per altri settori?
Il
all’adeguata remunerazione del capitale investito – chiede:
dell’art. 154 (Tariffa del servizio idrico integrato) del Decreto Legislativo n. 152 del 3 aprile 2006
“Norme in materia ambientale”, limitatamente alla seguente parte: “dell’adeguatezza della
remunerazione del capitale investito”?
: il privato, se vuole guadagnare, deve investire. E infatti, i dati dimostrano che lenormativenon solo per i servizi idrici, ma anche per la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti, itutti i servizi pubblici locali. Dovessero vincerequesito referendario n. 2 - determinazione della tariffa del servizio idrico integrato in baseVolete voi che sia abrogato il comma 1,
SE IL PROFITTO VENISSE ABOLITO, L’ACQUA COSTEREBBE DI MENO?
Il quesito sembra motivato dall’idea una “adeguata remunerazione del capitale investito” comporti
inevitabilmente prezzi dei servizi idrici maggiori. Se fosse vero che il prezzo aumenta per colpa del
profitto, sarebbe vero anche per qualsiasi altra attività economica: anche le case, le automobili, il
pane e gli abiti costerebbero di meno se fossero prodotti da un soggetto pubblico che non remunera
il capitale investito. Ma la storia dell’Unione Sovietica smentisce questa credenza. Dobbiamo
intenderci sul significato di “profitto”. In un mercato concorrenziale, rappresenta il costo-opportunità
del capitale e il
costi più bassi (o un valore più alto agli stessi costi). In un mercato monopolistico non regolato, il
profitto è gonfiato dalla rendita di monopolio. Nel settore idrico le possibilità di sfruttare la
premio per l’imprenditore che riesce a produrre lo stesso valore degli altri con
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concorrenza sono limitate alla fase di affidamento del servizio (da quattro a dieci volte in un secolo,
diciamo), ma una buona regolazione può aiutare non poco. Del resto, non basta non fare profitti per
costare poco: un’impresa che non remunera il capitale, ma ha personale in eccesso o affida
consulenze d’oro agli amici dell’assessore, alla fine, potrebbe costare di più. Se la regolazione è
costruita in modo che il profitto rappresenti l’eventuale premio per l’impresa che si dà da fare per
ridurre i costi, il cittadino ne può trarre beneficio.
Attualmente il “metodo normalizzato” per il
capitale da imputare alla tariffa sia calcolato in modo forfetario al
investito: questa scelta è arbitraria e discutibile. Quel 7 per cento non è “profitto”, ma ingloba in sé
gli interessi passivi sui finanziamenti che l’azienda riceve dal mercato, e copre in parte il rischio di
impresa. Viene riconosciuto a tutte le gestioni e non solo a quelle private. È vero che il valore del 7
per cento, fissato arbitrariamente nel 1996, quando ancora c’era la lira, rappresenta un valore ormai
privo di qualsiasi riferimento con il “vero” costo del capitale che le gestioni sostengono. Ad ogni
modo, il quesito referendario abolirebbe l’inciso relativo alla “adeguatezza della remunerazione del
capitale investito”, ma non il principio, stabilito dallo stesso articolo 154 comma 1 una riga dopo, in
base al quale la tariffa deve garantire la copertura dei costi, comprensivi degli investimenti. Dire che
la tariffa deve coprire gli investimenti significa che, in ogni caso, il costo del capitale dovrà essere
coperto: con cosa si ripagherebbero i debiti contratti con le banche, altrimenti? E se questo capitale
fosse capitale di rischio (equity), il suo costo è rappresentato dall’
dovrebbe invece essere evitato (ma non serviva certo il referendum per ribadirlo) è che la tariffa
contenga “
al premio per il rischio.
L’ACQUA DIVENTERÀ UN BENE DI LUSSO?
Gli
senza confusioni. Oggi spendiamo circa 90 euro/anno pro capite e a regime potrebbero diventare il
20 per cento in più, con l’attuazione dei piani di gestione esistenti. Volendo proiettare a lungo
termine le tariffe davvero necessarie per un equilibrio di lungo periodo si potrebbe arrivare a
calcolo della tariffa idrica prevede che il costo del7 per cento del valore del capitaleutile netto aziendale. Quello cheextraprofitti”, ossia remunerazioni eccessive rispetto al costo-opportunità del capitale eeffetti distributivi non vanno mai trascurati: è giusto preoccuparsene, ma senza allarmismi e
140-150 euro pro-capite
giorno. Oltre tutto, questi valori medi oscillano da una realtà all’altra e l’incidenza sui redditi può
essere molto diversa, considerando che poiché l’acqua è un bene essenziale, i ricchi ne consumano
quanta i poveri. Il tema dell’incidenza tariffaria non va certamente banalizzato, ma può essere
affrontato in modo adeguato, costruendo
dire che i ricavi da tariffa (complessiva) devono coprire i costi totali, un altro conto è discutere di
come costruirla. Ad esempio, si potrebbero introdurre quote fisse significative parametrate ai valori
catastali in modo da ridurre l’incidenza sulle fasce sociali
integrative di intervento della finanza pubblica, finalizzate a garantire che l’accesso al mercato dei
capitali avvenga a condizioni più vantaggiose, e quindi con un minore impatto sulla tariffa.
. Non sono cifre irrisorie, sebbene si tratti pur sempre di 50 centesimi alstrutture tariffarie diverse da quella attuale. Un conto èpiù deboli. Si può anche pensare a forme
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http://www.lavoce.info/articoli/pagina1002313.html
tratto da la voce.info

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