lunedì 3 ottobre 2011
Parte da Lodi la battaglia per la sicurezza alimentare e contro i “batteri killer”
Una rivoluzione culturale che dia al consumatore gli strumenti conoscitivi adeguati per comprendere l’importanza di difendere le tipicità territoriali e rimetta il buon cibo al centro della vita economica e sociale. È la ricetta fornita dagli ospiti dell’incontro dedicato alla sicurezza alimentare che si è svolto domenica mattina in seno al festival “Le forme del gusto”, Davide Ederle (biotecnologo, saggista, direttore della comunicazione del Parco tecnologico padano) e Marco Gatti (gastronomo, giornalista, tra i fondatori di Papillon, un’associazione nata nei primi anni Novanta a difesa delle piccole produzioni agroalimentari).«La sicurezza alimentare è strettamente legata alla consapevolezza dei consumatori - ha esordito Ederle -, perché se non conosco quello che mangio non conosco nemmeno a quali parametri attenermi per considerarlo un cibo sicuro. In questi ultimi anni la scienza ha elaborato strumenti di controllo efficaci in merito alla salubrità dei prodotti, ma in mancanza di un clima culturale in grado di comprendere il suo linguaggio i risultati raggiunti non riescono a tradursi in benefici reali». Risale a pochi mesi fa l’allarme legato al batterio “escherichia coli”, i media hanno versato fiumi di inchiostro in attesa di scoprire se il colpevole fosse il cetriolo tedesco o i germogli di soia, «ma nessuno si è ricordato che il Parco tecnologico padano aveva già sviluppato nel 2010 un sistema in grado di identificare questo batterio in meno di quarantotto ore, peccato che nessun soggetto istituzionale l’abbia preso in considerazione». È da questo scollamento tra mondo della scienza e mondo sociale che nasce il terrorismo alimentare (leggi mucca pazza, influenza aviaria eccetera), un fenomeno che si ripercuote profondamente anche a livello economico, mandando in crisi interi settori dell’agroalimentare con gravi danni soprattutto per le piccole aziende, proprio quelle che basano il loro fatturato sulla qualità e che danno maggiori garanzie in merito alla sicurezza dei loro prodotti. Sono le aziende della cosiddetta filiera corta, «un presupposto fondamentale per il controllo degli alimenti e la valorizzazione delle tipicità territoriali» ha detto Marco Gatti rispondendo a una domanda del moderatore Renato Goldaniga, «perché lo strumento di marketing più efficace che un territorio ha a disposizione è la consapevolezza delle proprie eccellenze, anche in campo enogastronomico».Una lezione che la Provincia di Lodi ha ben presente, «soprattutto in vista di Expo 2015 - ricordato il consigliere Alfredo Ferrari - un’importante occasione per lanciare a livello mondiale le specificità del nostro territorio».Il Parco tecnologico Padano ha scelto di contribuire all’impresa con due progetti di prossima attivazione: il primo - “Le vie lombarde di Expo” - che ha l’obiettivo di riunire le maggiori città della regione in un percorso agroalimentare che vede Lodi nel ruolo di provincia capofila; il secondo, intitolato “Alimento Italia”, che mira ad aprire un’alta scuola di cucina per chef stranieri, offrendo loro non solo ricette affidabili, ma anche la possibilità di stringere contatti con fornitori italiani. Silvia Canevara tratto da il cittadino lodi
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