Arrivano i profughi, ma nel Lodigiano, al momento, solo la Caritas è pronta ad accoglierli. Mentre dagli echi della guerra in Libia rimbalza l’invito del Governo alla Lombardia ad accogliere circa diecimila esuli, in provincia di Lodi di campi, tendopoli o strutture destinate a ospitare i transfughi nordafricani non ne risultano. Fatta eccezione per la Caritas, che pure aspettando di sedersi attorno a un tavolo per verificare adeguatamente la situazione ha già dato la disponibilità ad aprire ai profughi libici le porte delle sue case dell’accoglienza. Nessuna ipotesi, per ora, viene invece confermata dalla prefettura, che pure in questi giorni ha contattato diverse amministrazioni comunali per sondare l’esistenza di spazi adatti a gestire l’imminente emergenza; e nessun coinvolgimento, per ora, risulta da parte né del comune capoluogo né dalla Provincia di Lodi, ai cui uffici non emergono nemmeno comunicazioni ufficiali da alcuna istituzione o autorità. Eppure la crisi c’è, e compatibilmente con i mezzi a disposizione in qualche modo andrà affrontata. Numeri e criteri diffusi dal Viminale, per esempi, indicherebbero in 50mila i profughi in arrivo nella Penisola, e nel rapporto “mille esiliati ogni milione di abitanti” la quota di rifugiati che andrebbero ospitati da ciascuna regione. Alla Lombardia, perciò, spetterebbe il compito di accogliere almeno novemila libici; e se passasse il principio di un’equa ripartizione tra ciascuna provincia, nel Lodigiano potrebbero arrivare poco meno di mille libici. Mentre in Regione divampa il dibattitto sulle reali possibilità di fare fronte all’emergenza (e si avanzano le prime ipotesi di “ricoveri”, compresa Peschiera Borromeo, poi scesa di quota col passare delle ore), nel Lodigiano di ufficiale per adesso c’è soltanto la disponibilità della Caritas: «Abbiamo dato quella per alcune strutture, le nostre case dell’accoglienza saranno quelle fondamentali - conferma don Davide Scalmanini, direttore della Caritas Diocesana -. Le stiamo predisponendo, ma aspettiamo di sederci attorno a un tavolo per le verifiche».Alcuni sindaci, contattati dalla prefettura, hanno invece dovuto declinare l’invito: «Purtroppo non abbiamo strutture o immobili dove poterli ospitare», conferma Giuseppe Sozzi per Brembio; «Noi disponibilità non ne abbiamo, al massimo uno o due famiglie ma come estrema emergenza - gli fa eco Franco Rossi di Borghetto -. Ci sarebbe il campo vicino alla palestra, ma per le tendopoli ci vogliono anche i servizi igienici». Anche Sant’Angelo allarga le braccia: «Non abbiamo spazi, dove li mettiamo? Capisco la solidarietà, ma occorre essere organizzati», chiosa Domenico Crespi, primo cittadino del comune barasino. E aspettando l’onda, la ricerca di un’oasi per i profughi continua.Alberto BellonI IL CITTADINO LODI 24/03/2011
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