venerdì 31 agosto 2018

Anci Lombardia cerca un professionista per redifere un dossier sull'autonomia differenziata e sul riordino territoriale

Anci Lombardia cerca un professionista per redifere un dossier sull'autonomia differenziata e sul riordino territoriale: ANCI Lombardia ricerca un professionista al quale affidare il servizio di ricerca, nonché produzione di dossier e documenti sul tema dell’autonomia differenziata e il riordino territoriale della Lombardia, così da interpretare ed

Vendere acqua esposta al sole è reato

Vendere acqua esposta al sole è reato

 

Per la Cassazione scatta il reato nei confronti di chi ha detenuto per la vendita confezioni d'acqua esposte al sole anche se per un breve lasso di tempo
acqua nelle bottiglie di plastica
di Lucia Izzo - Tolleranza zero nei confronti di chi conserva esposte al sole le confezioni d'acqua destinate alla vendita, anche se per un breve lasso di tempo: scatta, infatti, il reato di detenzione per la vendita di sostanze alimentari in cattivo stato di conservazione.

L'acqua, "prodotto alimentare vivo", non diversamente da altri liquidi alimentari (es. olio o vino), rischia di subire modificazioni a causa dall'esposizione alle condizioni atmosferiche esterne. I raggi del sole, ad esempio, possono alterare chimicamente i contenitori e di conseguenza il loro contenuto mettendo a rischio la salute dei consumatori.

Questa la conclusione a cui è giunta la Corte di Cassazione, terza sezione penale, nella sentenza n. 39037/2018 (qui sotto allegata) respingendo il ricorso di un commerciante e confermando la sua condanna alla pena di € 1.500,00 di ammenda per il reato ex art. 5 legge 283/1962.

Nel dettaglio, questi aveva detenuto per la vendita, in cattivo stato di conservazione, più confezioni di acqua esponendole alla luce solare nel piazzale antistante al suo deposito. In Cassazione, tuttavia, la difesa ritiene che il reato contestato sussista solo se l'acqua sia rimasta in contatto con la luce per un periodo di tempo utile a ingenerare la cattiva conservazione.

Nel caso in esame, invece, si eccepisce che le confezioni d'acqua fossero rimaste al sole per un lasso di tempo breve al fine di consentire di posizionare nel deposito le "nuove" confezioni di acqua appena arrivate. Ancora, soggiunge la difesa, il "cattivo stato di conservazione" fa ritenere che la merce debba subire un deterioramento temporale, altrimenti, qualunque esposizione al sole sarebbe nociva.

Secondo il Tribunale, invece, non poteva escludersi il pericolo di contaminazione dovuto all'esposizione all'aria e alla luce del sole, indipendentemente dalla durata dell'esposizione.

Cassazione: il cattivo stato di conservazione degli alimenti

La Cassazione rammenta che la contravvenzione di cui all'art. 5, lett. b), L. n. 283/1962 è un reato di pericolo presunto con anticipazione della soglia di punibilità per la rilevanza del bene protetto (la salute), sicchè il reato si concretizza anche senza l'effettivo accertamento del danno al bene protetto (cfr. Cass. n. 36274/2016).

Il reato di detenzione per la vendita di sostanze alimentari in cattivo stato di conservazione, spiegano gli Ermellini, è configurabile quando si accerti che le concrete modalità della condotta siano idonee a determinare il pericolo di un danno o deterioramento dell'alimento, senza che rilevi a tal fine la produzione di un danno alla salute, attesa la sua natura di reato a tutela del c.d. ordine alimentare, volto ad assicurare che il prodotto giunga al consumo con le garanzie igieniche imposte dalla sua natura (Cass., n. 40772/2015).

Il cattivo stato di conservazione degli alimenti può essere accertato senza necessità di specifiche analisi di laboratorio, ma sulla base di dati obiettivi (ad esempio il verbale ispettivo, la documentazione fotografica o la prova testimoniale) ed è ravvisabile nel caso di evidente inosservanza di cautele igieniche e tecniche necessarie ad assicurare che le sostanze alimentari si mantengano in condizioni adeguate per la successiva somministrazione.

Bottiglie d'acqua al sole: reato anche se per poco tempo

Ancora, i giudici di Piazza Cavour sottolineano come il divieto di esporre le bottiglie di acqua alla luce o al calore del sole fosse già previsto dal decreto ministeriale 20 gennaio 1927 con riferimento a contenitori, come quelli in vetro, non suscettibili di subire modificazioni a seguito del contatto con luce o calore: si tratta, dunque, di una cautela generale che fin da allora aveva sconsigliato di esporre per un tempo significativo le bottiglie (e i contenitori) di acqua alla luce e al calore del sole.

Per gli Ermellini, infatti, "l'acqua è un prodotto alimentare vivo e come tale è soggetta a subire modificazioni allorché è isolata dal suo ambiente naturale e forzata all'interno di contenitori stagni che impediscono i normali interscambi che avvengono fra l'acqua, l'aria, la luce e le altre forme di energia e che modificano le relazioni che in natura l'acqua conosce allorché viene sottoposta ad aumento di temperatura o ad esposizione continua ai raggi del sole".

Pertanto, l'acqua non può essere considerata in modo significativamente diverso da altri liquidi alimentari, quali l'olio o il vino. La giurisprudenza ha dato atto di tali assunti affermando che la conservazione di bottiglie di acqua minerale in contenitore PET all'aperto ed esposto al sole configura la contravvenzione prevista della legge 283/1962 atteso che l'esposizione, anche parziale, di prodotti destinati al consumo umano alle condizioni atmosferiche esterne, tra cui l'impatto con i raggi solari, può costituire potenziale pericolo per la salute dei consumatori, in quanto sono possibili fenomeni chimici di alterazione dei contenitori e di conseguenza del loro contenuto.

Nel caso in esame, è stato rilevato che le confezioni di acqua minerale erano accatastate alla rinfusa all'esterno del deposito ed esposte alla luce nel sole, in periodo estivo in una zona notoriamente calda come la Sicilia.

Inoltre, l'esposizione, di per sé già in violazione di una regola cautelare, è durata un periodo di tempo significativo, quanto meno quello necessario alle operazioni liberazione del deposito e fino all'avvenuto sequestro, senza il rispetto delle garanzie igieniche imposte dalla natura del prodotto e per un lasso di tempo idoneo a generale il pericolo di alterazione del prodotto. Pertanto, il ricorso deve essere rigettato.
Cassazione penale sentenza n. 39037/2018 

fonte;  https://www.studiocataldi.it/articoli/31665-vendere-acqua-esposta-al-sole-e-reato.asp

giovedì 30 agosto 2018

Pianificazione territoriale in Lombardia - relazione 2017


Pianificazione territoriale in Lombardia - relazione 2017  
E' pubblicata la Relazione annuale che monitora le dinamiche paesaggistiche e di governo del territorio al fine di favorire l’efficacia delle politiche regionali volte allo sviluppo equilibrato e sostenibile dell’ambiente.  
CONTINUA A LEGGERE  
Pubblicazione

Relazione annuale 2017 sullo stato della pianificazione territoriale in Lombardia

  • Rivolto a: Enti e operatori
Per l'anno 2018 PoliS-Lombardia, insieme a Regione Lombardia, ha gestito le attività di stesura della Relazione annuale 2017 sullo stato della pianificazione territoriale in Lombardia dell'Osservatorio permanente della programmazione territoriale.
PoliS-Lombardia è anche responsabile delle attività relative all'Osservatorio regionale per la qualità del paesaggio lombardo. Ciò ha reso possibile operare delle sinergie tra le attività dei due Osservatori, inserendo nella Relazione parti relative alla tematica paesaggistica.
La relazione, in sintesi, è articolata come segue:
  • Monitoraggio della programmazione e pianificazione territoriale e paesaggistica a livello regionale, provinciale e comunale
  • Monitoraggio delle dinamiche territoriali e analisi dei contenuti della pianificazione territoriale e paesaggistica
  • Approfondimento sulle tematiche della pianificazione paesaggistica (il percorso della variante al Piano paesaggistico regionale, l’offerta formativa universitaria in tema di paesaggio)
  • Analisi a campione sugli adempimenti comunali in materia di recupero dei seminterrati
  • Esperienze di rigenerazione urbana nell’ambito degli accordi di programma
  • Monitoraggio sulle autorizzazioni paesaggistiche locali
  • Monitoraggio del fondo Aree verdi
La relazione è stata approvata dalla Giunta regionale con d.g.r. n. 327 del 10 luglio 2017.
Ultimo aggiornamento 17/07/2018

regione lombardia -- calendario scolastico 2018-2019




Calendario scolastico regionale
Calendario scolastico  2018-2019  http://www.regione.lombardia.it/wps/portal/istituzionale/HP/DettaglioRedazionale/servizi-e-informazioni/cittadini/scuola-universita-e-ricerca/calendario-scolastico-2018-2019 
È confermato, per l'anno scolastico 2018/2019, il calendario regionale permanente. Le istituzioni scolastiche e formative, nel rispetto del monte ore annuale previsto, possono disporre gli eventuali e opportuni adattamenti del calendario d’istituto.   
  • Rivolto a: Cittadini / Famiglie
Per l'anno scolastico 2018/2019 è confermato il calendario scolastico regionale di carattere permanente approvato con D.G.R. n. IX/3318 del 18/04/2012, di cui si allega copia a fondo pagina:
  • data di avvio delle lezioni:
    • 5 settembre 2018 per le scuole dell’infanzia (scuole materne)
    • 12 settembre 2018 per tutti gli ordini e gradi di istruzione (scuola elementare, media e superiore) e per i percorsi di istruzione e formazione professionale, con possibilità di avvio anticipato da parte delle istituzioni scolastiche e formative;
  • data di termine delle lezioni:
    • 8 giugno 2019 per tutti gli ordini e gradi di istruzione (scuola elementare, media e superiore) e per i percorsi di istruzione e formazione professionale
    • 28 giugno 2019 per le scuole dell’infanzia (scuole materne)
Permangono inoltre stabilite le festività nazionali, di carnevale e le tradizionali chiusure natalizie (25 e 26 dicembre 2018) e pasquali (21 e 22 aprile 2019) .
Le Istituzioni scolastiche e formative avranno cura di recepire le citate disposizioni con proprie delibere collegiali e di dare adeguata e tempestiva comunicazione alle famiglie e agli enti locali.

Allegati

d.g.r. 3318/2012 - Approvazione calendario scolastico (normativa di riferimento valida ancora per l'anno 2018/2019)

Documento PDF - 158 KB
  

martedì 28 agosto 2018

Il lavoro nero costa allo Stato 20miliardi di euro l'anno

http://www.consulentidellavoro.it/index.php/fondazione-studi/item/10151-il-lavoro-nero-costa-allo-stato-20miliardi-di-euro-l-anno
fonte; fondazione studi consulenti del lavoro.it 

 

Il lavoro nero costa allo Stato 20miliardi di euro l'anno 

 Il lavoro nero costa allo Stato 20miliardi di euro l'anno

COMUNICATO STAMPA

“Il lavoro nero sottrae ogni anno alle casse dello Stato 20 miliardi di euro”
La Fondazione Studi Consulenti del Lavoro stima che nel 2017 siano stati 1,5 milioni i lavoratori completamente sconosciuti al fisco e alla previdenza (c.d. lavoro “nero”) a fronte di 5,7 milioni di aziende attive sul territorio italiano. Per combattere il fenomeno del Sommerso serve un’azione preventiva attraverso nuovi strumenti legislativi che consentano di attestare la regolarità dei rapporti di Lavoro.
***
Roma, 25 agosto 2018. LaFondazione Studi dei Consulenti del Lavoro ha rielaborato  i dati 2017 - primo anno di attività dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro  – relativi al lavoro sommerso. È stato cosi stimato il numero di lavoratori “in nero” presenti ogni anno in Italia con i conseguenti oneri previdenziali e fiscali sottratti alle casse dello Stato. In base a questa proiezione il dato risulta elevato. Si tratta di 1,5 milioni di lavoratori completamente in nero a fronte di 5,7 milioni di aziende attive sul territorio italiano. Ma il dato è tendenzialmente in riduzione di circa 200.000 unità grazie anche agli interventi mirati della vigilanza dell’Ispettorato, che ha potuto applicare il nuovo regime sanzionatorio sul Caporalato. Il fenomeno, tuttavia, rimane ancora rilevante poiché ogni tre aziende ispezionate si riscontra un lavoratore “in nero” (il tasso è 2,9). L’evasione fiscale e previdenziale per il lavoro sommerso, stima la Fondazione Studi, è ancora consistente e si attesta ogni anno attorno a 20 miliardi di euro.

I DATI  DELL’ISPETTORATO NAZIONALE
Nel corso 2017 sono state 160.347 le aziende ispezionate dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro, secondo i dati ufficiali diramati. Di queste, le aziende risultate con qualche forma di irregolarità per almeno un rapporto di lavoro sono state 103.498, vale a dire il 64,54% delle aziende ispezionate. Il dato è in aumento di 1,53 punti percentuali rispetto all’anno 2016. Dunque, nel 2017 aumenta il rapporto delle aziende irregolari rispetto a quelle ispezionate. L’aumento della probabilità di individuazione di almeno un rapporto di lavoro irregolare è dovuta al miglioramento delle tecniche ispettive e della conoscenza del territorio da parte dei servizi ispettivi, anche supportati da una programmazione oculata delle mappe di rischio adottate dalla Vigilanza. Le irregolarità possono riguardare sostanzialmente 3 fattori:
1.      Forme di elusione previdenziale, assicurativa e fiscale (esempio, mancato assoggettamento a Inps, Inail e Irpef di parte della retribuzione corrisposta);
2.      Lavoro parzialmente sommerso (rapporti avvianti in part-time che invece risultano a tempo pieno);
3.      Lavoro completamente sommerso (lavoro nero).
Se si analizza solo il lavoro nero, nel 2017 sono stati 48.073 i lavoratori completamente sconosciuti all’Agenzia delle Entrate, all’Inps e all’Inail, vale a dire circa un lavoratore “in nero” per ogni 3 aziende ispezionate.
Molto interessante risultano i risultati ottenuti dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro applicando l’appesantito quadro sanzionatorio penale in materia di caporalato. Nello specifico, nel 2017 si registrano il deferimento di n. 94 persone all’Autorità Giudiziaria, delle quali n. 31 in stato di arresto, e l’individuazione di n. 387 lavoratori vittime di sfruttamento.
E il 2018 si presenta con dati relativi ancor più incoraggianti. Per quanto riguarda infatti il primo semestre dell’anno in corso , si registrano il deferimento di n. 60 persone all’Autorità Giudiziaria, delle quali n. 1 in stato di arresto e 47 in stato di libertà, e l’individuazione di n. 396 lavoratori coinvolti. Sono, inoltre, stati adottati n. 9 provvedimenti di sequestro.
Insomma, una serie di interventi realmente pesanti e deterrenti, che indicano la corretta via da seguire per combattere tutte la fattispecie di sfruttamento del lavoro.

STIMA DEL LAVORO NERO IN ITALIA NEL 2017 SU AZIENDE ATTIVE
 In Italia sono presenti nel settore privato circa 5,7 milioni di aziende attive compreso il settore agricolo. Rielaborando i precedenti dati ispettivi forniti dall’Ispettorato Nazionale, nel 2017 il numero di aziende con qualche forma di irregolarità dovrebbe attestarsi attorno a circa 3,7 milioni. Circoscrivendo l’analisi al lavoro sommerso, le ispezioni svolte hanno fatto emergere nel 2017 48.073 lavoratori in nero a fronte di 160.347 aziende ispezionate, ossia  un lavoratore in nero per ogni tre aziende ispezionate. A questo dato è stato applicato un correttivo prudenziale riferito ad uno stock di aziende nelle quali per le loro caratteristiche e settore di appartenenza è ridotto (se non addirittura eliminato) il rischio di utilizzo del lavoro sommerso. Sulla base di queste informazioni, è possibile presuntivamente stimare che i lavoratori “in nero” in Italia sul totale delle aziende attive, nel 2017 è di 1 milione e 538 mila unità. Negli ultimi due anni (2016 e 2015) il dato è tendenzialmente in diminuzione di circa 200 mila unità. Tuttavia, l’entità stimata dei lavoratori che ancora lavorano totalmente in nero in Italia è ancora molto significativa ed è tra i più alti in Europa.

STIMA MANCATO GETTITO PER LO STATO
A fronte di una stima di lavoro nero pari a 1 milione e 538 milalavoratori, l’importo sottratto alle casse dello Stato rimane ancora consistente e si attesta sui 20 miliardi di euro.  Come si arriva a questa rilevante cifra, è presto dimostrato. In media, ogni anno un dipendente lavora mediamente per 245 giornate di lavoro retribuite (fonte: Inps banche dati statistiche, www.inps.it anno 2016 dato più recente) e la retribuzione media giornaliera stimata è pari a 84,53 euro al netto di trattamenti retributivi variabili (fonte: Fondazione Studi Consulenti del Lavoro su dati Inps 2016).  Se si considera la media delle giornate sottratte agli oneri sociali e fiscali, il mancato gettito, solo del lavoro nero, è così calcolato:
Retribuzione/tributo
Dato/mancato gettito
Note
Retribuzione media giornaliera (RMG)
84,53 euro

Retribuzione annua corrisposta ai lavoratori sommersi e non assoggetta a oneri
31,8 MLD di euro

Mancato gettito previdenziale
11,1 MLD di euro
aliq. 35% calcolata in media tra le cassi di contribuzione
Mancato gettito fiscale (Irpef + add. Reg. e com.)
8,1 MLD euro
aliq. media complessiva 25,5% al netto di detrazioni
Mancato gettito Inail
0,86 MLD euro
aliq. media 27 x 1000
TOTALE
20,06 MLD EURO


Alla luce di queste elaborazioni, per l’anno 2017 il gettito sottratto allo Stato per l’utilizzo di lavoratori irregolari è dunque stimato in 20 miliardi e 60 milioni di euro. A questo va aggiunto che i lavoratori utilizzati totalmente in nero sono privi di tutele per malattia, maternità, assegni per il nucleo familiare, infortuni sul lavoro. Inoltre, questi lavoratori non potranno far valere gli anni lavorati in nero ai fini del diritto alla pensione.

IL PUNTO DI VISTA DEI CONSULENTI DEL LAVORO
Le cifre stimate dalla Fondazione Studi riportano l’attenzione sull’importanza strategica di un’incisiva azione di contrasto al lavoro nero che, non di rado, sfocia in fenomeni di caporalato diffuso – non solo in agricoltura - di cui i recenti fatti di Foggia sono solo quelli più eclatanti. E il prossimo incontro interministeriale, fissato dal Ministro Di Maio per lunedi 3 settembre proprio nel capoluogo foggiano, è un forte segnale di attenzione. “I Consulenti del Lavoro sono ogni giorno in prima fila per combattere il sommerso , fenomeno in forte aumento soprattutto dopo la depenalizzazione, avvenuta con il Jobs Act, del reato di intermediazione fraudolenta di manodopera - commenta Rosario De Luca, presidente della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro che ha realizzato lo studio - La nostra è una categoria che sostiene e incentiva il lavoro etico, collaborando con le Istituzioni per il contrasto dei fenomeni di sfruttamento del lavoro”. Va in questo senso l’intesa del Consiglio nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro e il Ministero del Lavoro sull’Asseverazione della regolarità contributiva dei rapporti di Lavoro, ma anche l’accordo con l’Ispettorato Nazionale del Lavoro per la diffusione della legalità. “ Le nostre considerazioni nascono dall’esperienza che arriva dalla gestione nei nostri studi di oltre 8milioni di rapporti di lavoro esistenti in circa 1,5milioni di aziende - continua il presidente De Luca -. Non a caso abbiamo già segnalato, da un lato l’efficacia della nuova normativa sul Caporalato, i cui risvolti penali hanno dato all’Ispettorato nuove armi, dall’altro la necessità di ricondurre sotto un’unica fattispecie penale tutte le forme si sfruttamento del lavoro. Anche quelle che si palesano con veste giuridica corretta, ma che celano forme elusive della normativa vigente”.

Rassegna stampa: Gazzetta del Sud del 26.08.2018 - Il Corriere della Sera 26.08.2018  - Il Fatto Quotidiano 26.08.2018 - Il Messaggero 26.08.2018 - Il Sole 24 Ore 26.08.2018 - La Stampa 26.08.2018 - Libero Quotidiano 26.08.2018 - Italia Oggi del 28.08.2018

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Cane smarrito: chi chiamare?

Cane smarrito: chi chiamare?

27 agosto 2018 | Autore:
laleggepertutti.it
 
 
 

Cane smarrito: chi chiamare? 
 
 
Come e dove presentare la denuncia obbligatoria se l’animale di compagnia si è perso e che cosa fare dopo il ritrovamento.
Se hai un cane sai quanto ci si può affezionare ad un animale di compagnia. Non è un luogo comune dire che entra a far parte della famiglia, che lo si sente come una presenza indispensabile. Tanto gli si dà, tanto si riceve da lui. Ecco perché se si dovessero perdere le sue tracce si farebbe qualsiasi cosa pur di ritrovarlo. Il problema è che cosa fare, cioè: chi chiamare per trovare il cane smarrito. Sono quelle domande a cui non si sa dare una risposta quando un fatto del genere non è mai capitato, forse perché pensi che una cosa del genere non potrà mai capitare a te, che custodisci il tuo animale con cura. Eppure, sarebbe da pensarci. Non tanto per tirarsi addosso la sfortuna ma, nel malaugurato caso in cui succeda, per bruciare i tempi, cioè per agire in fretta prima che sia troppo tardi.
Per ritrovare un cane smarrito, il fattore tempo è fondamentale. Ma anche sapere a quale porta bussare. Ci vuole la lucidità necessaria per riflettere dov’è stato visto l’ultima volta, quali sono le sue abitudini (se, magari, quando vede il cancello aperto ama farsi un giro e poi, comunque, torna sempre). Non perdersi d’animo, insomma. Anche perché l’animale ha (o almeno dovrebbe avere) un chip sottocutaneo di riconoscimento che garantisce la sua identificazione nel caso in cui venisse ritrovato da qualcuno e lo portasse da un veterinario o all’Asl o, ancora, chiamasse l’accalappiacani. Grazie a quel chip sarà difficile che l’animale finisca abbandonato in un canile. Quindi calma e sangue freddo. Ecco chi chiamare e che cosa fare per riabbracciare il cane smarrito.

Cane smarrito: che cosa fare subito

Lo dicevamo poco fa: disperarsi non aiuta a ritrovare il cane smarrito. Passato il momento di disperazione, è bene riflettere a mente lucida e pensare per prima cosa alla possibilità che l’animale si sia solo allontanato momentaneamente da casa. Quindi:
  • tentare di ricordare l’ora e il luogo in cui il cane è sparito;
  • cercare il cane nei posti in cui è andato altre volte quando si è allontanato da casa (attorno all’isolato, in un parco vicino a casa, in un luogo frequentato da altri cani, ecc.);
  • chiedere ai vicini o ai passanti se hanno visto un cane da solo.
Altra mossa intelligente può essere quella di mettere degli annunci su Internet, soprattutto sui social network, nelle pagine dedicate ai cani smarriti. La foto ed il nome dell’animale possono essere utili nel caso venga avvistato da qualche internauta.
Foto e nome possono essere stampati pure su dei volantini da distribuire nei punti più frequentati della zona in cui abiti e da affiggere, ad esempio, in stazione, nelle fermate dei bus, in negozi o bar, fuori dalle scuole.

Cane smarrito: chi si deve chiamare

Se le prime ricerche del cane smarrito non hanno dato alcun risultato, è il momento di denunciare la scomparsa dell’animale alle autorità comunicando il numero di tatuaggio (se l’animale ce l’ha) e gli estremi del chip sottocutaneo che permette l’identificazione del cane. La denuncia deve essere presentata per iscritto a:
  • Carabinieri;
  • Polizia Municipale;
  • servizio veterinario dell’Asl competente;
  • anagrafe canina.
Attenzione, perché la denuncia di smarrimento è obbligatoria. Chi non rispetta questo adempimento rischia a sua volta due sanzioni: una per non averlo fatto ed un’altra per abbandono di animale nel caso in cui il cane venisse ritrovato da un’altra persona vivo o morto. Le sanzioni variano da Comune a Comune. Per questo motivo, l’autorità non può rifiutarsi di ricevere la tua denuncia.
Qui puoi scaricare il modulo della denuncia.
Ricorda che il tuo amico a quattro zampe potrebbe essere stato preso da un accalappiacani allertato proprio dalle forze dell’ordine (Carabinieri o Vigili urbani). Ragione in più per presentare denuncia al più presto in modo che alle autorità risulti lo smarrimento del cane.
È importante che l’autorità presso la quale viene presentata la denuncia rilasci una copia scritta al padrone del cane, altrimenti è come se nulla fosse stato fatto. Quella copia potrà dimostrare, in caso di ritrovamento, che il cane è tuo. Puoi, dunque, pretendere la restituzione dell’animale nel caso fosse stato adottato da un’altra persona.

Cane smarrito: cosa fare dopo il ritrovamento

Nella fortunata ipotesi in cui il cane smarrito venga ritrovato, ricorda che hai presentato una denuncia e che, quindi, va segnalato il fatto che l’animale è tornato a casa. Quindi, è importante comunicarlo a Carabinieri, Polizia Municipale, anagrafe canina, ecc. In questo modo verranno interrotte le ricerche.
Non guasta portare il cane dal veterinario per un controllo: non si sa mai che cosa gli può essere successo nei giorni in cui ha vagato in giro. Se non è stato fatto prima, conviene dotare il cane di chip es iscriverlo all’anagrafe canina. Ricorda che il chip è obbligatorio dal secondo mese di vita dell’animale e che può essere installato dai veterinari in servizio presso le strutture mediche pubbliche e da quelli privati che hanno le credenziali di accesso all’anagrafe canina della regione.