venerdì 2 novembre 2018

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Amministratore condominio non recupera crediti: che fare?




Amministratore condominio non recupera crediti: che fare? 

 


Condòmini morosi: l’amministratore è obbligato ad attivarsi per recuperare i crediti condominiali per non incorrere nelle conseguenze di una responsabilità contrattuale; se non lo fa, cosa possono fare i singoli condòmini?
Pagare gli oneri condominiali non è mai un momento felice. Eppure, è certamente interesse di ciascun condòmino che tutti paghino possibilmente in maniera puntuale, affinché le parti comuni dell’edificio siano sempre ben conservate, così che tutti possano goderne. È quindi interesse generale dei condòmini che le casse condominiali non rimangano al verde e, per evitarlo, la legge affida all’amministratore il compito di riscuotere le spese condominiali e l’obbligo di attivarsi per recuperare le quote non pagate dai condòmini morosi. La morosità, cioè il ritardo nel pagamento rispetto alla scadenza, comporta spesso litigi e incomprensioni nella collettività condominiale che non giovano alla serena convivenza e che, soprattutto, rischiano di ripercuotersi sull’efficienza dei servizi, sul decoro, sulla pulizia, sulla manutenzione dell’edificio proprio a causa della carenza di liquidità. L’obbligo di pagare le spese condominiali, ciascuno per la propria quota, è volto a garantire il miglior godimento possibile delle parti comuni dell’edificio, a tutela del diritto di cui ciascun condòmino è titolare sulle parti comuni, in proporzione al valore della propria unità immobiliare. Può però accadere che tu ti accorga che le scale del tuo palazzo non brillano per pulizia o l’ascensore non funziona ormai da mesi e ti rivolgi all’amministratore per chiedergli di provvedere alla pulizia o alla manutenzione, ma ti senti rispondere che non ci sono soldi in cassa. Quindi chiedi spiegazioni e scopri che molti condòmini non ottemperano ai pagamenti, a differenza tua che invece paghi sempre con puntualità. La sorpresa più spiacevole, però, potrebbe essere scoprire che l’amministratore non recupera i crediti dai condòmini morosi, perché non ha iniziato né un’ azione legale per la riscossione, né tantomeno ha inviato una lettera di sollecito ai morosi. Amministratore condominio non recupera crediti: che fare?

Recupero crediti dai condòmini morosi: prima e dopo la riforma del 2012

Per la riscossione delle spese condominiali l’amministratore ha un ruolo fondamentale in quanto rappresentante dei condòmini ed è chiamato a svolgere il proprio incarico nel rispetto delle norme che disciplinano il contratto di mandato, nonché nel pieno rispetto della normativa specifica in materia di condominio.  Vediamo cosa accadeva prima della riforma del condominio del 2012 e cosa invece accade (o dovrebbe accadere) oggi.
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Prima della riforma

Prima della riforma del condominio del 2012 [1], l’amministratore aveva sì il compito di riscuotere i contributi condominiali [2], ma la legge non gli imponeva di attivarsi per recuperarli attraverso un’azione legale in caso di morosità. L’azione legale per il recupero forzoso era una mera facoltà dell’amministratore, come confermato in più occasioni (e anche di recente [3]) dalla Corte di Cassazione.
In diversi casi, infatti, a fronte delle legittime lamentele dei condòmini puntuali nei pagamenti, l’amministratore poteva giustificare la propria inerzia spiegando di aver valutato la convenienza di un’azione giudiziaria nei confronti dei morosi e di aver stabilito che qualunque azione avrebbe potuto portare ad un nulla di fatto e che, pertanto, non fosse opportuno far sostenere al condominio le spese di un giudizio dall’esito incerto o negativo.
Prima della riforma, quindi, se in un condominio uno o più condòmini non pagavano le spese condominiali, l’amministratore – che deve sempre agire con la diligenza del buon padre di famiglia [4], quale principio generale che governa i contratti di mandato – ben avrebbe potuto limitarsi a inviare lettere di sollecito bonario ai morosi per invitarli a saldare le proprie quote e tale comportamento non avrebbe potuto configurare un inadempimento contrattuale non esistendo, all’epoca, nessun obbligo prescritto dalla legge di attivarsi per la riscossione forzosa.
Quindi, il compito attribuitogli dalla legge di riscuotere i contributi condominiali ben poteva essere assolto con la diligenza del buon padre di famiglia soltanto inviando lettere di sollecito ai morosi, attesa l’assenza di un obbligo previsto dalla legge di iniziare il recupero forzoso.

Dopo la riforma del 2012

Dopo la riforma, la disciplina del condominio è stata integrata e ampliata, così ora le norme generali sul mandato trovano un ambito di applicazione più ristretto in materia di condominio rispetto al periodo ante riforma. Sì, perché le norme sul mandato si applicano in via residuale e cioè solo quando non vi sia una norma specifica in materia di condominio che disciplini un determinato caso.
Per esempio: la disciplina codicistica sul contratto di mandato non impone al mandatario (nel nostro caso, l’amministratore di condominio) il recupero forzoso di crediti insoddisfatti, ma la nuova normativa sul condominio sì. Quindi quale normativa si applica? La norma prescritta dalla disciplina specifica sul condominio.
Ed è proprio in tale direzione che è andata la riforma del 2012, obbligando l’amministratore a riscuotere i contributi condominiali attraverso la più opportuna azione legale per il recupero forzoso del credito, entro sei mesi dalla chiusura dell’esercizio [5], nonché a seguire con scrupolo e massima diligenza il procedimento giudiziario una volta iniziato e fino al procedimento di esecuzione (pignoramento), pena la possibile revoca giudiziaria per grave irregolarità [6], su ricorso di ciascun condòmino. Oggi, quindi, i condòmini che non pagano puntualmente non possono più fare affidamento sull’inerzia dell’amministratore o sul buon rapporto di amicizia con quest’ultimo, perché egli sarà costretto ad agire chiunque sia il condòmino cattivo pagatore.
È bene precisare che, da tale obbligo previsto per legge, l’amministratore potrebbe essere dispensato dall’assemblea: l’assemblea dei condòmini potrebbe, ad esempio, decidere di concedere più di sei all’amministratore prima di agire legalmente contro i condòmini in ritardo nei i pagamenti.

Cosa deve fare l’amministratore se un condòmino non paga?

Entro sei mesi dalla chiusura dell’esercizio, l’amministratore dovrà agire in giudizio per la riscossione dei contributi condominiali non pagati. Il dettato normativo è secco e preciso quando parla di riscossione forzosa e non lascia dubbi circa il fatto che l’amministratore è obbligato a proseguire l’azione per il recupero del credito fino al pignoramento.
Dunque, per prima cosa, l’amministratore dovrà munirsi di un titolo esecutivo, in particolare, di un decreto ingiuntivo, nominando un avvocato di sua fiducia (non essendo obbligato a rivolgersi all’assemblea per l’autorizzazione) affinché presenti al giudice competente un ricorso finalizzato, appunto, ad ottenere l’ingiunzione di pagamento contro il condòmino moroso.
Il ricorso per decreto ingiuntivo dovrà essere fondato su prova scritta, bisognerà quindi allegare il piano di riparto delle spese approvato dall’assemblea oltre che il conto consuntivo o preventivo e qualunque altra prova scritta utile a dimostrare l’inadempimento del condòmino contro cui si vuole ottenere l’ingiunzione di pagamento. In particolare, affinché il giudice conceda la provvisoria esecutorietà del decreto ingiuntivo, è fondamentale allegare il piano di riparto delle spese approvato dall’assemblea.
Ottenere l’esecuzione provvisoria significa che è possibile iniziare subito l’azione esecutiva, notificando al condòmino l’atto di precetto e poi il pignoramento, senza attendere i 40 giorni dalla notifica come nei casi di decreti ingiuntivi non provvisoriamente esecutivi.
Chiaramente, la provvisoria esecutorietà non incide sul diritto dell’ingiunto di proporre comunque opposizione nei 40 giorni successivi alla notifica del decreto ingiuntivo. Ad ogni modo, la nuova norma introdotta dalla riforma con il nono comma dell’art. 1129 del codice civile impone all’amministratore di intraprendere qualunque azione legale per il recupero delle spese, anche un’azione giudiziaria ordinaria finalizzata ad accertare l’ammontare del credito del condominio nei confronti del condòmino moroso e chiedere la condanna dello stesso al pagamento, azione che dovrà sempre proseguire fino all’esecuzione e quindi fino alla riscossione forzosa.
Per completezza, giova ricordare che contro i condòmini non in regola con i pagamenti l’amministratore ha anche il potere di sospendere i servizi suscettibili di godimento separato [7], ma solo quelli che non incidono su diritti fondamentali della persona costituzionalmente garantiti e solo dopo un’attenta valutazione del caso concreto, per evitare di incorrere in un illecito.

È obbligatorio che prima di intraprendere l’azione legale l’amministratore invii solleciti bonari ai condòmini morosi?

L’amministratore non è obbligato a inviare un sollecito bonario, anche se questa è una prassi utile e spesso capita che già dopo la lettera di sollecito il condòmino moroso ottemperi al pagamento della sua quota. È, invece, obbligatorio che l’amministratore inizi l’azione legale entro sei mesi dalla chiusura dell’esercizio.
Per esempio: se Tizio condòmino del condominio Alfa non ha pagato la propria quota di 300 Euro per spese condominiali relativa all’anno 2017, una volta approvato il conto consuntivo dell’anno 2017 – con cui si chiude l’esercizio nel quale il credito è sorto – l’amministratore dovrà attivarsi per il riscuotere da Tizio i 300 Euro che non ha pagato nominando un avvocato al fine di ottenere un decreto ingiuntivo dal giudice competente e procedere, se Tizio non paga, con l’azione esecutiva vera e propria che porta al pignoramento di beni mobili, immobili o somme di denaro di proprietà di Tizio.
Sul punto, però, occorre precisare che se l’amministratore mette in mora il condòmino moroso compie comunque un’azione utile ad evitare la prescrizione del credito: i crediti condominiali, infatti, si prescrivono in 5 anni. Ad ogni modo, questo piccolo risultato non è sufficiente a tutelare gli interessi del condominio, per cui certamente l’amministratore dovrà agire in giudizio per la riscossione.

Cosa possono fare i condòmini non in mora con i pagamenti, se l’amministratore non inizia l’azione giudiziaria nei confronti dei morosi?

Sicuramente possono agire in giudizio per la revoca dell’amministratore e chiederne la condanna al risarcimento danni. L’amministratore, che non si attivi nei modi e nei tempi previsti dalla legge per riscuotere i contributi condominiali dai morosi, è inadempiente rispetto agli obblighi su di esso gravanti per legge e commette una grave irregolarità. Si tratta di un inadempimento contrattuale, la cui azione giudiziaria si prescrive in 10 anni.
Come abbiamo detto all’inizio, infatti, l’amministratore svolge il proprio ruolo sulla base di un contratto di mandato da cui discende il dovere di eseguire correttamente gli obblighi che la legge gli impone, diversamente rischia di essere revocato e chiamato a risarcire i danni che con il suo comportamento abbia eventualmente causato al condominio. L’amministratore, quindi, non può più attendere all’infinito che i condòmini paghino né può accettare passivamente il loro inadempimento, ma entro sei mesi dalla chiusura dell’esercizio deve iniziare l’azione legale di recupero crediti.
L’amministratore può agire in giudizio contro i morosi anche se sono decorsi più di sei mesi dalla chiusura dell’esercizio? Certo, ma dato che la legge stabilisce di attivarsi “entro” sei mesi farlo successivamente potrebbe essere per lui fonte di responsabilità.
Per sintetizzare, facciamo un semplice esempio: l’amministratore del condominio Alfa, dopo l’approvazione del consuntivo del 2017, si accorge che non solo Tizio non ha pagato la propria quota di 300  Euro, ma neanche Caio, Sempronio e Mevio. Dopo diversi mesi, Tizia, anziana condòmina sempre puntuale nei pagamenti, chiede all’amministratore lumi su alcuni disservizi nell’edificio; in particolare, gli fa notare che l’ascensore che, nelle settimane precedenti ogni tanto si bloccava, ora non funziona più e lei è costretta a salire a piedi fino al quarto piano. L’amministratore, consapevole che le casse del condominio sono al verde perché Tizio, Caio, Sempronio e Mevio, suoi cari amici d’infanzia, non sono in regola con i pagamenti, risponde che non ci sono soldi in cassa e quindi non è stato possibile intervenire per il rispristino dell’ascensore.
Così, Tizia, che è a conoscenza del rapporto di amicizia tra l’amministratore e alcuni condòmini, decide di farsi dare la documentazione da cui si evincono i pagamenti e scopre che la mancanza di soldi è dovuta al fatto che, a differenza sua, molti condòmini non pagano le spese di loro competenza.
Essendo stato approvato ormai da più di sei mesi il conto consuntivo dell’anno in cui quelle somme mancanti sarebbero dovute essere riscosse, avendo trovato solo vecchi solleciti bonari inviati direttamente dall’amministratore ai condòmini morosi, ma nessuna procura alle liti conferita ad un legale per agire in giudizio contro questi cattivi pagatori, Tizia si reca subito da tutti gli altri proprietari che, come lei, sono sempre puntuali nei pagamenti e insieme decidono di agire contro l’amministratore.
Quindi, adiscono le vie legali per chiedere e ottenere la revoca giudiziaria dell’amministratore che non si è attivato per la riscossione forzosa delle quote non pagate e per ottenere da lui il risarcimento del danno consistente, in questo caso, nella spesa da sostenere per la sostituzione dell’ascensore ormai  definitivamente rotto.
Altro esempio potrebbe riguardare il caso in cui, a causa dell’inerzia dell’amministratore verso i morosi, non vengano pagate le bollette della luce, con conseguente distacco della corrente o addebito di interessi di mora o, peggio ancora, inizio di un’azione di recupero crediti nei confronti del condominio. Sebbene la normativa in materia obblighi i terzi creditori del condominio ad escutere prima i condòmini in mora con i pagamenti (il cui elenco dovrà essere fornito al terzo dall’amministratore), in caso di insolvenza di questi ultimi il terzo creditore potrà comunque agire contro i condomini in regola.

Cosa succede se l’amministratore inizia l’azione giudiziaria ma non la segue o l’abbandona?

Come prima si accennava, l’amministratore non ha soltanto l’obbligo di iniziare la causa per riscuotere forzosamente i crediti condominiali, ma anche l’obbligo di seguire l’iter giudiziario con diligenza fino al procedimento di esecuzione e cioè sino al pignoramento. Non può in alcun modo disinteressarsene.
Ad esempio, dovrà produrre tutta la documentazione necessaria su richiesta dell’avvocato nominato e che, magari, ha bisogno di integrare la produzione documentale allegata al proprio fascicolo di parte o  rendersi disponibile in caso fosse necessario farsi ascoltare durante il giudizio, insomma, l’amministratore dovrà fare tutto il necessario per assicurare il buon esito della causa a favore del condominio, il cui principale obiettivo è quello di riscuotere materialmente i contributi non pagati dai morosi.

Il singolo condomino può sostituirsi all’amministratore che non si è attivato per riscuotere i contributi condominiali?

Sebbene non vi sia una norma specifica che autorizzi il singolo condòmino in regola con i pagamenti ad agire in giudizio direttamente contro i morosi, questa possibilità si ricava da altre norme generali e dal pacifico orientamento giurisprudenziale.
Il singolo condòmino, infatti, agisce nell’interesse comune (e non per reintegrare il proprio patrimonio personale) cioè per evitare danneggiamenti e/o aggravi di spese e per rimpinguare le casse condominiali al fine di affrontare le spese per la ordinaria gestione del condominio. Per questo motivo è possibile pensare che, a fronte dell’inerzia conclamata e protratta dell’amministratore  che si disinteressa al recupero dei crediti condominiali, il singolo condòmino in regola possa sostituirsi all’amministratore iniziando l’azione legale per il recupero dei crediti dai condòmini morosi.
Questa soluzione è probabilmente la migliore in termini di risultato, ma ovviamente è necessaria una preliminare e approfondita valutazione per evitare di sostenere spese di giudizio e poi fare un buco nell’acqua se non si riesce a riscuotere nulla, rischiando di immolarsi per tutti e rimetterci di tasca propria.
Di ROSA PIGNATARO
fonte: 
 https://www.laleggepertutti.it/247597_amministratore-condominio-non-recupera-crediti-che-fare
[1] L. 220/2012.
[2] Art. 1130 cod. civ.
[3] Cass. Civ. sez. VI sent. n. 24920 del 20.10.2017.
[4] Art. 1710 cod. civ.
[5] Art. 1129 co. 9 cod. civ. e art. 63 Disp. Att. cod. civ.
[6] Art. 1129 co. 12 n. 6 cod. civ.
[7] Art. 63 Disp. Att. cod. civ.

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Gratta e vinci come le sigarette: nuocciono alla salute. E l'avvertenza va messa nero su bianco sul biglietto. Lo prevede il decreto del ministero della salute 18 settembre 2018, «Contenuto del testo e le caratteristiche grafiche delle avvertenze relative ai rischi connessi al gioco d'azzardo da riportare sui tagliandi delle lotterie istantanee», pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 254 del 31 ottobre 2018 e in vigore da ieri. Il provvedimento dà attuazione al decreto dignità (dl 87/2018 convertito in legge 96/2018), con il quale sono state introdotte ulteriori misure per contrastare il fenomeno del disturbo del gioco d'azzardo: l'art. 9-bis in particolare prevede che i tagliandi delle lotterie istantanee devono contenere messaggi in lingua italiana, stampati su entrambi i lati in modo da coprire almeno il 20% della corrispondente superficie, recanti avvertenze relative ai rischi connessi al gioco d'azzardo. Il dm salute adesso stabilisce il contenuto del testo e le caratteristiche grafiche delle avvertenze relative ai rischi connessi al gioco d'azzardo da riportare sui tagliandi delle lotterie istantanee. I tagliandi cartacei (si veda facsimile in pagina) devono riportare nell'area dedicata, sul fronte, la dicitura principale «Questo gioco nuoce alla salute» e la dicitura «può causare dipendenza patologica» e, sul retro, la dicitura principale «Questo gioco nuoce alla salute» e le diciture «il gioco d'azzardo è vietato ai minori di 18 anni» e «telefono verde nazionale 800 55 8822 per i disturbi legati al gioco d'azzardo». Per le lotterie telematiche (quelle che si giocano con app sul cellulare o al pc) il messaggio deve essere visibile, fino all'attivazione del gioco, in un'area dedicata che viene automaticamente visualizzata attraverso una apposita finestra popup sull'interfaccia grafica. Tale finestra deve riprodurre la dicitura principale «Questo gioco nuoce alla salute», la dicitura «può causare dipendenza patologica» e la dicitura «telefono verde nazionale 800 55 8822 per i disturbi legati al gioco d'azzardo». Le avvertenze come detto sono riprodotte su un'area pari ad almeno il 20% della superficie di ciascun lato del tagliando. La dimensione dei caratteri delle diciture deve essere adeguata in relazione alla superficie dell'area dedicata alle avvertenze, in modo tale da garantirne la massima visibilità possibile.
FONTE:  https://www.italiaoggi.it/news/gratta-e-vinci-come-le-sigarette-2310572/?utm_source=newsletter&utm_medium=email&utm_campaign=tempo-reale#

Condono bollo auto e multe 2019: come funziona

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Condono bollo auto e multe 2019: come funziona

 

 

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L’approvazione del decreto fiscale (D.L. n. 119/2018) ha portato buone notizie anche per coloro che hanno oltre alle altre imposte, ruoli in sospeso che riguardano il bollo auto, il superbollo, e le multe il cui ruoli sono stati affidati alla agente della riscossione in un determinato periodo: si da il via quindi al condono bollo auto e multe 2019.
Tra i diversi condoni che sono previsti nel decreto, spicca come noto la cosiddetta “Rottamazione Ter” che per alcuni aspetti si rifà alle precedenti definizioni agevolate (previste dal D.L. 193/2016 e dal D.L. 148/2017).
Sono ammessi alla nuova definizione agevolata i debiti risultanti da cartelle affidate agli agenti della riscossione (Agenzia delle Entrate Riscossione) tra il 1° gennaio 2000 e il 31 dicembre 2017, con la possibilità di eseguire il pagamento in cinque anni e fino a dieci rate.
La nuova rottamazione è anche “collegata” con le precedenti edizioni, nel senso che i contribuenti che non sono riusciti a pagare le rate pregresse relative a precedenti definizioni, potranno a determinate condizioni aderire alla nuova rottamazione.
Leggi anche “Pace fiscale: da quando si applicano le novità previste”
Vediamo quando e come si può aderire al Condono bollo auto e multe.

Condono bollo auto e multe 2019: quando si può fare

Le misure della cosiddetta “pacificazione fiscale” riguarderanno anche il bollo auto (il super bollo) e le multe stradali non pagate.
Nel caso specifico sono previste almeno due possibilità di condono:
  • una consistente nella cancellazione totale del debito (saldo e stralcio), ma soltanto in caso di cartelle notificate da Equitalia tra il 2000 e il 2010 e di importo non superiore a 1.000 euro,
  • e un’altra che fa riferimento alla sopra citata rottamazione ter valida per carichi di importo superiori a 1.000 euro e di conseguenza anche per il bollo e le multe non pagate.

Condono bollo auto e multe 2019: come funziona la Rottamazione ter

Per aderire alla rottamazione-ter bisognerà presentare una domanda, e ad oggi la scadenza prevista è quella del 30 aprile 2019.
Tuttavia nel ambito dell’iter di conversione in legge del decreto 119/2018, vi potranno essere altre novità o modifiche.
Il decreto 119/2018 non esclude dunque dalla definizione agevolata le cartelle relative al bollo auto, superbollo e alle multe stradali, applicandosi presumibilmente le stesse condizioni delle precedenti definizioni.
Aderendo alla rottamazione al contribuente verrà richiesto il pagamento integrale del debito, corrispondente nel caso specifico alla somma del bollo auto non pagato o ad una contravvenzione del codice della strada.
Il “condono” riguarderà secondo quanto prevede la norma solo gli importi relativi ad interessi di mora e sanzioni maturati negli anni, per quanto concerne le multe, lo sconto dovrebbe prevedere solo la cancellazione degli interessi.
La vera novità della misura rispetto alle precedenti rottamazioni riguarda sicuramente il periodo di rateizzazione: chi farà domanda di rottamazione potrà pagare il debito fino ad un massimo di 10 rate, spalmate in cinque anni.
Le scadenze delle rate saranno due all’anno, una al 31 luglio e la seconda al 30 novembre, a partire dal 2019.  Sulla rateizzazione non si applica l’articolo 19 del DPR n. 602/1973 e gli interessi dovuti sono calcolati al tasso dello 0,3% annuo.

Condono bollo auto e multe 2019: tre aliquote per contribuenti in difficoltà economica

Una interessante novità che potrebbe affiancarsi alla rottamazione e alle altre definizioni agevolate e che di conseguenza riguarderà anche la definizione delle multe e del bollo auto potrebbe essere il cosiddetto saldo e stralcio per le cartelle. Tale disposizioni non è stata inserita nel decreto fiscale, ma potrebbe essere inserita in sede di conversione in legge.
Non essendoci molte notizie in merito per ora si può solo affermare che vi potrebbero essere tre aliquote applicate sulla base del valore dell’ISEE del dichiarante.
Sulle cartelle potrà essere richiesto di pagare dunque un importo forfettario calcolato secondo tre aliquote:
  • 6%,
  • 10%
  • 25%in base alla situazione economica del contribuente.
Lo stralcio super-agevolato dovrebbe esser esteso anche alle rottamazioni in corso, ma ad esser condonati saranno soltanto gli importi non ancora versati, mentre è esclusa la possibilità di rimborso delle somme già pagate.
La formula con tre aliquote in base all’ISEE potrebbe rivelarsi una alternativa più vantaggiosa alla rottamazione tradizionale e, oltre allo sgravio di sanzioni e interessi, il condono riguarderà la quota capitale del debito maturato. Le aliquote potrebbero corrispondere ai seguenti valori ISEE:
  • aliquota al 6%  con ISEE fino a 15.000 euro;
  • aliquota al 10%  con ISEE tra i 15.000 e i 22.000 euro;
  • aliquota al 25%  con ISEE tra i 22.000 e i 30.000 euro.
L’intento è quello di aiutare chi ha debiti con il fisco ma versa in condizioni di difficoltà economica.

Condono bollo auto e multe 2019: come funziona lo stralcio mini-cartelle

L’articolo 4 del decreto fiscale prevede una disposizione che letteralmente annulla le “micro-cartelle”. L’operazione collegata alla pace fiscale prevede l’annullamento dei debiti a ruolo di importo residuo fino a mille euro, che risultano dai singoli carichi affidati agli agenti della riscossione dal 2000 al 2010. Beneficeranno di tale condono i contribuenti che nel sopra citato periodo hanno ricevuto cartelle per importi non superiore a mille euro e che ovviamente non sono state pagate: bollo auto e multe compresi.
Tra i “mini” debiti che verranno eliminati, oltre alle multe stradali, vi potrà essere ad esempio la tassa sui rifiuti, la vecchia Ici, l’Irpef e le addizionali, e ovviamente il bollo auto.
La disposizione prevede un annullamento automatico che sarà effettuato entro il 31 dicembre 2018, dei debiti di importo residuo alla data di entrata in vigore del decreto e quindi il 24 ottobre 2018, comprensivi oltre al capitale degli interessi per ritardata iscrizione a ruolo, e le sanzioni.
Se tutto il debito comprensivo di interessi e sanzioni supera i mille euro, non si rientrerà nel beneficio del condono.
Come prevede la norma, i debiti indicati saranno automaticamente annullati, ciò significa che il contribuente non dovrà fare niente, nemmeno presentare alcuna istanza, e l’annullamento sarà effettuato direttamente dall’ufficio.
Sono evidentemente escluse le multe prese dal 2010 in poi, o comunque quelle che, pur ricevute tra il 2000 e il 2010 abbiano dato luogo a una cartella di pagamento negli anni successivi.
Si ricorda per che verificare la data di iscrizione a ruolo della una contravvenzione stradale basta verificare nei dettagli della cartella esattoriale dove, oltre ai singoli importi da riscuotere, è indicata anche la data in cui è stato trasmesso il ruolo.
Ai fini del relativo discarico, senza oneri a carico dell’ente creditore, e dell’eliminazione dalle relative scritture patrimoniali, l’agente della riscossione trasmette agli enti interessati l’elenco delle quote annullate. Chi ha pagato prima della data di entrata in vigore del decreto non può chiedere la restituzione dei propri soldi.

mercoledì 31 ottobre 2018

Il debito mondiale è pari al 250% del suo pil

Il debito mondiale è pari al 250% del suo pil

 Era al 200 % nel 2008. E questo senza contare quello del settore bancario e finanziario. Per Fmi, Borse e immobili sono fortemente sopravvalutati

 

 

borsa
Non abbiamo mai avuto grande simpatia per il Fondo monetario internazionale. Le sue politiche e le condizioni imposte hanno fortemente indebolito le economie di molti paesi, soprattutto quelli in via di sviluppo, ma non solo. Ciò nonostante, i suoi recenti report, il World Economic Outlook e il Global Financial Stability Report, sono interessanti e condivisibili. Evidenziano l'emergere di nuovi rischi sistemici e «le grandi sfide per l'economia globale al fine di evitare una seconda Grande Depressione».
Il Fondo si chiede anzitutto se «la nuova architettura finanziaria», creatasi in questi anni, sia sufficiente e sicura. Poi elenca «le nubi che appaiono all'orizzonte»: una ripresa globale ineguale e non equilibrata; i dazi e le altre tensioni commerciali; la crescita preoccupante dello «shadow banking», soprattutto negli Usa e in Cina, fino a 70 mila miliardi di dollari; l'indebolimento del multilateralismo e il pericoloso aumento delle decisioni unilaterali. A ciò si aggiungono la caduta negli investimenti, la carenza di capitali e il calo di produttività nelle varie economie.
Allo stesso tempo, però, i mercati finanziari sono rimasti vivaci e stranamente indifferenti ai rischi di un improvviso irrigidimento delle condizioni finanziarie. Infatti, il progressivo accantonamento dei Quantitative easing, l'aumento dei tassi di interessi della Federal Reserve, il dollaro più forte e la politica dei dazi stanno provocando maggiori pressioni del mercato in molte economie emergenti, determinando forti fughe di capitali. Il Fondo stesso stima già che esse potrebbero superare i 100 miliardi di dollari in breve periodo.
Le conseguenze sono già visibili: forti svalutazioni di alcune monete, crescenti difficoltà nel finanziamento dei debiti con l'estero e un profondo cambiamento nel portfolio titoli di alcune economie emergenti. In particolare è il caso dell'Argentina, del Brasile e della Turchia che, nei mesi scorsi hanno subito una svalutazione monetaria a due cifre. Per l'Argentina il Fondo ha già stanziato 57 miliardi di dollari per evitare una nuova bancarotta.
Il «forte appetito al rischio» finora ha mascherato le sfide che i mercati emergenti dovranno affrontare, se le condizioni finanziarie dovessero peggiorare. In tale evenienza, afferma il Fmi, il pericolo di contagio sarebbe inevitabile. Le politiche finanziarie restrittive metterebbero inevitabilmente in discussione il sistema globale. L'intero debito mondiale, senza contare quello del settore bancario e finanziario, è cresciuto fino al 250% dl pil. Era del 200% nel 2008. Nei citati report si evidenzia che le borse e i valori di certi asset, come gli immobili e altri titoli, sono fortemente sopravvalutati.
Al recente meeting annuale del Fmi, tenutosi sull'isola indonesiana di Bali, la direttrice Christine Lagarde, ha quantificato tale debito in 182 mila miliardi di dollari. Secondo i report, la liquidità immessa dai Quantitative easing a tasso zero avrebbe fatto emergere «una nuova struttura di mercato». Essa, però, deve essere ancora «messa alla prova» per verificare la sua capacità di assorbire nuovi choc.
Nonostante gli aumenti di capitale e le altre misure di garanzia, il sistema bancario internazionale resta, quindi, esposto ai rischi rappresentati dagli alti debiti contratti dai governi, dalle imprese e dalle famiglie. Inoltre nel sistema vi sono troppi «asset opachi e illiquidi» con un uso esagerato di fondi in valute estere.
Pertanto, secondo il Fmi, ancora oggi l'85% delle 24 economie coinvolte nella crisi bancaria del 2008, 18 delle quali erano del settore avanzato, manifesta deviazioni negative rispetto al trend precedente la crisi. Il livello produttivo di oltre il 60% delle citate 24 economie resta ancora sotto i livelli di prima della crisi.
L'Italia, purtroppo, è uno di questi paesi. Il Fondo fa un appello a rivedere globalmente le regole del sistema economico-finanziario, resistendo alle pressioni di quanti vorrebbero, invece, cancellare anche quelle poche finora realizzate.
Un auspicio condivisibile. Soprattutto se si considera che molti strumenti finanziari utilizzati per fronteggiare la crisi del 2008-09 non sono più disponibili.
FONTE:  https://www.italiaoggi.it/news/il-debito-mondiale-e-pari-al-250-del-suo-pil-2309858#

 

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Urbanistica nella Lombardia del futuro: convegno a Milano giovedì 8 ottobre

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L'evento è promosso da Regione Lombardia e dal Collegio degli Ingegneri e Architetti di Milano, e p

martedì 30 ottobre 2018

Addio al badge per gli statali

Addio al badge per gli statali

 

Tra le novità del ddl concretezza che sarà oggi sul tavolo del Consiglio dei Ministri il rilievo biometrico che mette in cantina il vecchio badge per rilevare la presenza del dipendente
impronte digitali elaborazione
di Annamaria Villafrate - Il vecchio cartellino va in pensione e al suo posto entrano i sistemi di rilevazione biometrica, per rilevare l'ingresso e l'uscita del dipendente dal lavoro. Questa la principale novità del ddl concretezza, che alle ore 19.00 di oggi verrà approvato definitivamente dal Consiglio dei Ministri nel testo completo (sotto allegato). Non è però il solo elemento d'innovazione previsto dalla Ministra Buongiorno. C'è anche l'istituzione del Nucleo concretezza, per rendere effettivo il piano triennale. Incertezze invece per quanto riguarda l'interpretazione autentica del disegno di legge, in relazione al comma 2 dell'art. 23 del dlgs n. 75/2017, che impone il rispetto del tetto di spesa del 2016 da parte della contrattazione decentrata. Nessuna novità invece per gli insegnanti. Per l'attuazione del ddl concretezza nei confronti del personale docente, infatti, ci si rimette al Ministero dell'Istruzione competente. Per i buoni pasto infine si autorizza la Consip s.p.a al recupero, anche in via giudiziale, dei crediti vantati dalle Pubbliche Amministrazioni.
Le novità del Ddl concretezza in breve:
  1. Addio badge, arrivano i sistemi di rilevazione biometrica
  2. Nucleo della concretezza
  3. Trattamenti accessori personale
  4. Docenti e buoni pasto

Addio badge, arrivano i sistemi di rilevazione biometrica

Come annunciato da mesi a giornali e programmi televisivi, il testo del disegno di legge concretezza della Buongiorno saluta definitivamente i vecchi badge. Gli episodi di assenteismo degli ultimi anni, come dichiarato più volte dalla Ministra, si possono impedire solo grazie a un adeguato piano di prevenzione. Per questo è necessario sostituire i vecchi cartellini con sistemi di rilevazione biometrica e di videosorveglianza. Solo così è possibile identificare il dipendente ed evitare utilizzi illeciti e impropri del vecchio badge. Grazie a questi sistemi infatti è impossibile sfuggire ai controlli. Prima d'introdurre i sistemi di rilevazione biometrica però ci sono due problemi da affrontare, ovvero l'intesa con il Garante privacy, per decidere le modalità di trattamento e conservazione dei dati dei dipendenti e poi i costi di questi apparecchi.

Nucleo della concretezza

Il disegno prevede all'art. 1 l'istituzione del Nucleo della concretezza, per assicurare la realizzazione degli obiettivi del piano triennale, ossia:
  • "garantire la corretta applicazione delle disposizioni in materia di organizzazione e funzionamento delle pubbliche amministrazioni e la conformità dell'attività amministrativa ai principi di imparzialità e buon andamento;
  • implementare l'efficienza delle pubbliche amministrazioni, con indicazione dei tempi per la loro realizzazione delle azioni correttive."
Una squadra di 53 componenti che, per monitorare e garantire l'attuazione degli obiettivi, potrà avvalersi della collaborazione delle prefetture, anche per mantenere al meglio le relazioni con gli enti locali, eseguire sopralluoghi e, nel caso in cui emergano inefficienze, intervenire con azioni correttive.

Trattamenti accessori personale

Secondo l'art. 3 del disegno di legge, l'art. 23 dlgs n. 75/2017 si deve interpretare nel senso che, il limite secondo cui, il totale delle risorse destinate ogni anno al trattamento accessorio del personale, anche di livello dirigenziale, non può superare l'importo stabilito per il 2016, "non opera con riferimento agli incrementi previsti dai contratti collettivi nazionali di lavoro successivi alla sua entrata in vigore a valere sulle disponibilità finanziarie di cui all'articolo 48 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e dagli analoghi provvedimenti negoziali riguardanti il personale contrattualizzato in regime di diritto pubblico nonché con riferimento alle risorse previste da specifiche disposizioni normative a copertura degli oneri relativi al trattamento accessorio delle assunzioni effettuate, successivamente alla entrata in vigore del predetto limite, in deroga alle facoltà assunzionali vigenti, ai sensi delle medesime disposizioni. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano anche con riferimento alle assunzioni effettuate ai sensi dell'articolo 20 del decreto legislativo n. 75 del 2017".
Risultato? La spesa degli incrementi dei costi per gli avanzamenti orizzontali, così come gli straordinari, i turni, il lavoro notturno e festivo e l'incremento dello stipendio di 83,20 euro previsto dal 2019 va a ricadere sui fondi della contrattazione decentrata. Da qui una bagarre che ha creato contrasti esegetici che occorre risolvere con un'interpretazione autentica del disegno di legge.

Docenti e buoni pasto

Il ddl concretezza non decide sulle modalità di attuazione dello stesso nei confronti dei docenti, rinviando al Ministero dell'Istruzione competente, sentito il Garante per protezione dei dati personali.
Per quanto riguarda i buoni pasto si prevede la restituzione di quelli maturati e non spesi e si autorizza la Consip s.p.a al "recupero dei crediti vantati dalle amministrazioni nei confronti della società aggiudicataria dei lotti oggetto di risoluzione" anche tramite azioni giudiziarie.
Leggi anche Ddl concretezza: in arrivo l'ok definitivo
Ddl Concretezza Testo completo
Relazione illustrativa ddl Concretezza.pdf 

fonte:  https://www.studiocataldi.it/articoli/32292-addio-al-badge-per-gli-statali.asp

La rivalutazione delle pensioni




La rivalutazione delle pensioni

Cos'è la perequazione delle pensioni e come funziona il meccanismo della rivalutazione oggi dopo la legge Fornero e l'intervento della Corte Costituzionale
pensionati consulente id9942
Avv. Daniele Paolanti - Con l'espressione perequazione delle pensioni si intende la rivalutazione dell'importo di queste all'inflazione.
  1. Cos'è la perequazione delle pensioni
  2. La legge Fornero
  3. La censura della Corte Costituzionale
  4. La perequazione delle pensioni oggi

Cos'è la perequazione delle pensioni

Stando alla definizione che si è appena offerta si può ritenere che con il termine perequazione si intenda un adeguamento delle prestazioni al mutare degli indici ISTAT del costo della vita. La ragione per cui il nostro ordinamento contempla una siffatta ipotesi è presto detto: è più che mai necessario garantire adeguata tutela e preservare il potere di acquisto delle pensioni.
Le pensioni che vengono ricomprese sono quelle erogate dalla previdenza pubblica, dunque la pensione di vecchiaia, la pensione anticipata, quella erogata ai superstiti ecc.

La legge Fornero

Il decreto legge 201 del 2011, recante "Disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici" conteneva una norma, l'art. 24 comma 25, che così prevedeva: "In considerazione della contingente situazione finanziaria, la rivalutazione automatica dei trattamenti pensionistici, secondo il meccanismo stabilito dall'articolo 34, comma 1, della legge 23 dicembre 1998, n. 448 per il biennio 2012 e 2013 è riconosciuta esclusivamente ai trattamenti pensionistici di importo complessivo fino a due volte il trattamento minimo Inps, nella misura del 100 percento. L'articolo 18, comma 3, del decreto-legge 6 luglio 2011, n.98, convertito con legge 15 luglio 2011, n. 111, e successive modificazioni e integrazioni, è soppresso. Per le pensioni di importo superiore a due volte trattamento minimo Inps e inferiore a tale limite, incrementato della quota di rivalutazione automatica spettante ai sensi del presente comma, l'aumento di rivalutazione è comunque attribuito fino a concorrenza del predetto limite maggiorato".
Detta novella prevedeva dunque, in ragione della situazione finanziaria all'epoca vigente, la possibilità di beneficiare della rivalutazione automatica dei trattamenti pensionistici unicamente a quei trattamenti pensionistici di importo complessivo fino a due volte il trattamento minimo Inps, nella misura del 100 percento. Per quanto riguarda le pensioni di importo superiore a due volte trattamento minimo Inps e inferiore a tale limite, incrementato della quota di rivalutazione automatica spettante ai sensi del presente comma, l'aumento di rivalutazione veniva comunque attribuito fino a concorrenza del limite maggiorato.

La censura della Corte Costituzionale

La Corte Costituzionale, con sentenza n. 70/2015, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 24, comma 25, del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, motivando detta decisione con apodittica chiarezza: "L'interesse dei pensionati, in particolar modo di quelli titolari di trattamenti previdenziali modesti, è teso alla conservazione del potere di acquisto delle somme percepite, da cui deriva in modo consequenziale il diritto a una prestazione previdenziale adeguata. Tale diritto, costituzionalmente fondato, risulta irragionevolmente sacrificato nel nome di esigenze finanziarie non illustrate in dettaglio. Risultano, dunque, intaccati i diritti fondamentali connessi al rapporto previdenziale, fondati su inequivocabili parametri costituzionali: la proporzionalità del trattamento di quiescenza, inteso quale retribuzione differita (art. 36, primo comma, Cost.) e l'adeguatezza (art. 38, secondo comma, Cost.). Quest'ultimo è da intendersi quale espressione certa, anche se non esplicita, del principio di solidarietà di cui all'art. 2 Cost. e al contempo attuazione del principio di eguaglianza sostanziale di cui all'art. 3, secondo comma, Cost.".

La perequazione delle pensioni oggi

Utile ai fini della disamina dell'attuale adeguamento delle pensioni agli indici ISTAT è il Decreto del Ministero dell'Economia e delle Finanze del 17 novembre 2016, nel quale veniva indicato che la percentuale di variazione per il calcolo della perequazione delle pensioni per l'anno 2015 deve quantificarsi nell'ammontare del +0,0 dal 1 gennaio 2016. Allo stesso modo la percentuale di variazione per il calcolo della perequazione delle pensioni per l'anno 2016 è quantificata nel + 0,0 dal 1° gennaio 2017. La ragione precipua dell'assenza di adeguamento risiede nel saldo negativo dello 0,1% dell'inflazione (l'art. 1 del decreto dispone che "La percentuale di variazione per il calcolo della perequazione delle pensioni per l'anno 2015 è determinata in misura pari a +0,0 dal 1° gennaio 2016").

Perequazione pensioni 2018

A partire dal 1° gennaio 2018, le pensioni sono tornate a crescere e la rivalutazione è effettuata sulla base dell'indice di rivalutazione calcolato sui dati Istat definitivi del 2017 e sull'indice di rivalutazione provvisorio per il 2018, con una percentuale di variazione dell'1,1%. Tutti i dettagli sono contenuti nella circolare Inps pubblicata il 21 dicembre 2017 contenente anche le tabelle utili per il calcolo.

Perequazione pensioni 2019

Dal 1° gennaio 2019, invece, si dovrebbe assistere alla ripartenza della c.d. perequazione automatica. La c.d. "scala mobile" del passato bloccata dalla Riforma Fornero del 2011 e la fase transitoria del Governo Letta dovrebbe ritenersi conclusa e quindi ripartirà la rivalutazione con aumento degli assegni pensionistici. Tuttavia, per conoscere le cifre esatte dell'aumento occorrerà attendere l'apposito decreto del ministero dell'economia e delle finanze e del ministero del lavoro.
Leggi in merito: Pensioni in aumento dal 2019 ma per le minime solo briciole
 
fonte:  https://www.studiocataldi.it/articoli/24867-la-rivalutazione-delle-pensioni.asp
 
 Daniele Paolanti - profilo e articoli
E-mail: daniele.paolanti@gmail.com Tel: 340.2900464
Vincitore del concorso di ammissione al Dottorato di Ricerca svolge attività di assistenza alla didattica.

“DOPO DI NOI … OLTRE NOI” A CASTIGLIONE D'ADDA 8 NOVEMBRE 2018

“DOPO DI NOI … OLTRE NOI”

L’Assessorato ai Servizi Sociali è lieto di invitare la cittadinanza
GIOVEDI’ 8 NOVEMBRE 2018 ALLA SERATA DAL TITOLO:
“DOPO DI NOI … OLTRE NOI”
Incontro informativo inerente la legge 22 giugno 2016 n. 112 “Disposizioni in materia di assistenza in favore delle persone con disabilità grave prive del sostegno familiare”
INTERVERRANNO:
Responsabile Anffas Onlus Sud Est Milano di Melegnano (Associazione Famiglie di Persone con Disabilità Intellettiva e/o Relazionale).
Osvalda Croce, una mamma che ci testimonierà il coraggio di una scelta consapevole e fatta al momento opportuno avendo a cuore il futuro del proprio figlio.

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