mercoledì 6 aprile 2011

Il caporal maggiore Tania di castiglione d'adda reduce dalla missione di pace

castiglione «Porto con me il ricordo di un’esperienza che ha cambiato la mia vita. E pure il mio sguardo sul mondo: solo ora, dopo cinque mesi passati a quotidiano contatto con la paura e l’allerta in terra d’Afghanistan, capisco il valore vero di ogni cosa che ho ritrovato tornando a casa». Ha 26 anni ma la maturità di un’adulta il primo caporal maggiore Tania Fiorenza, militare di Castiglione in servizio presso il reggimento dei lagunari di Venezia. Nella Bassa, Tania è tornata il 18 marzo, dopo cinque mesi di missione di pace trascorsi in Afghanistan, a Farah, al confine con il Pakistan. Oggi tornerà a Venezia. Ma ieri, assieme al padre Piero ha fatto visita alla sezione dell’Associazione combattenti di Codogno. Al presidente Gino Reguzzi, al “collega” della sezione casalina Angelo Gilli e al delegato di zona Giacomino Marzi ha consegnato una targa comprata ad Herat, a ricordo della missione di pace Isaf. Poi, accanto a chi, più anziano, si prodiga di mantenere viva la memoria dei combattenti, Tania ha lasciato correre il nastro dei ricordi. Tra le sei sole donne italiane presenti nel campo Nato di stanza a Farah, la giovane in Afghanistan è stata impegnata su diversi fronti: consegna di viveri e medicinali a civili ed orfanotrofi, scorte ai medici che prestavano soccorso ai civili, scorte ai convogli di trasporto materiale, pattugliamenti di zona. Donna in una terra dove le donne valgono poco o nulla, ha spesso dovuto nascondere la sua femminilità sotto elmi e kefiah. Ma proprio il suo essere donna l’ha resa elemento strategico. Nelle perquisizioni sulle donne afghane, ad esempio, che «per cultura era compito impossibile da delegare a soldati maschi», ha spiegato la giovane. Per lo stesso motivo, Tania è stata prezioso intermediario linguistico ed umano anche nelle cure portate dai medici alle donne bisognose di soccorso. È riduttivo definire intensi i cinque mesi di missione, «passati a dormire sempre in tenda, sotto un caldo soffocante di giorno e un freddo secco la notte - ricorda Tania -. Ma non erano questi i disagi veri. Il maggiore? Quel senso di allerta e di paura che non ti abbandonava mai, in ogni ora del giorno». Perché il pericolo era sempre in agguato. Come il 23 dicembre, «quando sono stata miracolata due volte - racconta -. Il nostro convoglio stava trasportando viveri, proseguivamo lenti, io ero scesa per controllare che non ci fossero ordigni esplosivi nascosti sulla strada. All’improvviso un convoglio dell’esercito afghano ci ha superato a gran velocità, tempo una manciata di minuti e c’è stata l’esplosione. Un morto e quattro feriti». Stesso pericolo nel viaggio di ritorno, quando «solo una “soffiata” dell’ultimo minuto ha permesso di risalire a quella tanica con 20 chili di tritolo nascosta in una condotta fognaria - ricorda Tania -. Ci hanno fermato in tempo, abbiamo atteso il robot telecomandato degli americani che ha disinnescato l’ordigno». Tanti i ricordi di Tania, ieri anche una lacrima è scesa sul volto della giovane al racconto della distribuzione di cibo ad un orfanotrofio, «tanti piccoli, dai 2 ai 16 anni- ha raccontato - tutti a venirmi accanto, a farmi sedere tra loro, a farmi sciogliere i capelli per eliminare ogni distanza culturale. Ecco: sono stati quei momenti a farmi capire che era giusto fossi lì». Tania non sa se il suo destino la riporterà in terra straniera. «Me l’hanno già proposto, ancora in Afghanistan - ha detto -. Non so però se stavolta accetterò: questi ultimi cinque mesi di missione hanno provato tanto la mia famiglia, mia madre soprattutto». Luisa Luccini il cittadino lodi ed. 06/04/2011

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